Hobbit

hòb-bit

Significato Essere immaginario creato da J. R. R. Tolkien, appartenente a una varietà della specie umana, alto circa la metà di un uomo e caratterizzato da grossi piedi pelosi e orecchie a punta

Etimologia neologismo coniato da Tolkien in Lo hobbit (1937) e reso celebre da Il signore degli anelli (1954). L’etimologia fittizia fornita dallo scrittore lo fa derivare dall’inglese antico holbytla, ‘costruttore di buchi’, a sua volta calco di kuduk dalla lingua Westron (o Ovestron), lingua corrente della Terra di Mezzo.

Un giorno un professore stava correggendo un fascio di compiti, quando nella sua testa balenò la frase: “In un buco nella terra viveva un hobbit.” Siccome quel professore era anche uno scrittore, se l’annotò; dopodiché si chiese: “Che diavolo è un hobbit?” E siccome quello scrittore era anche un genio un po’ matto, per rispondersi creò un intero mondo, dotato di una precisa geografia, storia, mitologia e di una dozzina di linguaggi diversi (con relativi vocabolari e grammatiche).

Cos’è, dunque, un hobbit? Si tratta di una creaturina di bassa statura e temperamento pacioso, amante della compagnia e della buona tavola. È tenacemente attaccata alla propria casa (che è scavata nella terra ma sempre assai comoda e accogliente); non si cura granché di ciò che accade nel mondo, però sa trarre gusto dalle cose più piccole e conduce una vita tranquilla a contatto con la natura. In breve è un riflesso della borghesia inglese d’antica maniera, cui Tolkien apparteneva per via materna.

Tuttavia molte di queste caratteristiche sono rintracciabili anche tra le nostre conoscenze attuali, motivo per cui il neologismo di Tolkien offre una grande risorsa metaforica. Possiamo parlare di uno ‘stile di vita hobbit’, come pure di un ‘temperamento da hobbit’. Mia madre, per esempio, è chiaramente un hobbit sotto molteplici punti di vista, come spesso ho avuto modo di spiegarle; per la verità tale soprannome non la persuade molto, ma ormai è irrimediabilmente penetrato nel lessico famigliare.

Perché, però, a Tolkien venne in mente proprio questo nome? È un interrogativo che ci conduce nei misteri stessi dell’ispirazione. Difficile dare una risposta, anche perché diverse figure della letteratura e del folklore potrebbero avere inconsciamente influenzato la scelta di Tolkien. Ma forse la ragione primaria risiede nelle qualità intrinseche della parola: ‘hobbit’ è, senz’ombra di dubbio, un nome rotondo.

Una bizzarra caratteristica di noi uomini, infatti, è quella di associare ai suoni qualità concrete, in modo arbitrario. Fonosimbolismo è il nome tecnico di questo fenomeno, che tutti noi sperimentiamo senza accorgercene. Per verificarlo esiste un simpatico esperimento: guardate le figure qui sotto e decidete quale di loro si chiama Bouba e quale Kiki.

Non c’è una risposta giusta, in realtà; eppure quasi tutti associano ‘Kiki’ alla prima figura, e ‘Bouba’ alla seconda. La K e la I infatti ci danno un’idea di secco e appuntito, mentre la consonante labiale B e le vocali ‘larghe’ O e A fanno di Bouba un nome morbido e paffuto. Come ‘hobbit’, appunto, e in particolare come ‘Bilbo Baggins’, l’hobbit protagonista del primo romanzo di Tolkien. Insomma questa parola è la perfetta concretizzazione fonica di quell’ideale di vita che a Tolkien tanto piaceva.

Certo qualcuno potrebbe chiedersi perché mai una creaturina così morbidosa sia passata alla storia come protagonista di epiche avventure. Il fatto è che gli hobbit sono un simbolo in cui tutti si possono riconoscere. Sono l’emblema delle brave persone, che praticano virtù poco appariscenti come la cordialità, la generosità, il gusto del vivere. Persone piccole agli occhi del mondo che però, giorno dopo giorno, danno il proprio contributo, e al momento giusto rivelano inaspettate risorse di coraggio e determinazione. E così, forse, salvano il mondo.

Parola pubblicata il 29 Marzo 2021

Parole d'autore - con Lucia Masetti

La lingua cresce con la letteratura – e noi abbiamo un bel mucchio di parole inventate da letterati, rese correnti da autori celebri, o che nascono da opere letterarie. Scopriamo insieme queste belle parole dietro alle quali si può sorprendere una mano precisa.