Idiofono
i-diò-fo-no
Significato Si dice di strumento musicale che appartiene alla categoria degli idiofoni, nei quali il suono è prodotto dalla vibrazione della sostanza di cui sono composti, senza corde o membrane che lo trasmettano. La vibrazione può essere emessa per sfregamento, percussione o altro
Etimologia termine composto, in cui il primo elemento proviene dal greco ídios ‘proprio, particolare, personale’ e il secondo, sempre dal greco, da phōnḗ ‘suono, voce’.
Parola pubblicata il 20 Febbraio 2022
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
I greci chiamavano idiṓtēs il privato cittadino (derivato da ídios ‘proprio, particolare’), intendendo così anche quello non istruito e perfino inetto, da cui l’italiano ‘idiota’.
Nel 1914 il termine greco fu preso in prestito da due musicologi mitteleuropei, Hornbostel e Sachs, i quali pubblicarono un sistema di classificazione degli strumenti musicali che s’imporrà come standard ufficiale, valido ancora sino ai giorni nostri. I due studiosi catalogarono complessivamente quattro classi di strumenti: membranofoni, cordofoni, aerofoni e idiofoni. La suddivisione fu ideata in base a come poteva essere generato il suono, ossia facendo vibrare membrane, corde, aria o ‘materiali sonori’. Perciò, unendo ídios a phōnḗ ‘suono’, fu coniata la parola ‘idiofoni’, che designa tutti gli strumenti in cui il suono è prodotto tramite il materiale stesso di cui sono fatti: legno, metallo, vetro, osso o altro. Non intervengono né corde, né membrane.
S’intuisce al volo che a questa famiglia appartengano gli strumenti a percussione, ma è facile ingannarsi. Infatti i timpani o i timballi sono percussioni, però non sono idiofoni, proprio perché la parte vibrante è una membrana aggiunta al corpo dello strumento.
A tavola, magari dopo essersi rimpinzati con un ricco timballo, qualcuno avrà giocato almeno una volta con i bicchieri, facendo scorrere il dito umido sul bordo, fino a produrre un suono adamantino e ipnotico. Replicando il gesto su più calici di grandezza diversa e accordandoli con l’aggiunta di liquido, otterremo una versione grezza della glassarmonica, strumento musicale idiofono che sarà poi perfezionato da Benjamin Franklin nel 1761.
Nel 1767 ‘Giovanni Cristiano Bach’ — proprio uno dei figli del più famoso Johann Sebastian — scrisse in perfetto italiano alla Principessa Belmonte Pignatelli, chiedendole di proteggere «due ragazze Inglesi Cattoliche, che […] vengono costì. La prima di esse Sorelle suona oltre il Cimbalo, un nuovo Stromento chiamato Armonica». Spiegò poi altrove che «è fatto di bicchieri e si suona come un clavicembalo. Ha un effetto così bello e brillante…». Talmente bello che Mozart compose alcuni pezzi per glassarmonica sola o in quintetto, e ancora oggi possiamo ascoltare fantastiche trascrizioni, come questa versione a quattro mani della ‘Danza della fata Confetto’ dallo Schiaccianoci di Čajkovskij. Insomma, la glassarmonica è la principessa degli idiofoni.
A loro volta sono suddivisi in sei sottocategorie: percussione, sfregamento, pizzico, scuotimento, attrito oppure aria. Quest’ultima sottocategoria fu creata ad hoc per due effimeri strumenti inventati nell’Ottocento, l’Äolsklavier tedesco e il piano chanteur francese.
Il suono degli idiofoni può essere prodotto direttamente o indirettamente. È diretto se il musicista applica singoli colpi controllati e definiti, anche servendosi di un dispositivo meccanico intermedio, come per esempio la fune a cui è legato il batacchio della campana, classificata perciò idiofono a percussione diretta; le maracas invece sono idiofoni a percussione indiretta.
Ricapitolando: negli idiofoni suona la sostanza dello strumento stesso, che deve essere abbastanza resistente ed elastica. Eppure, questa categoria organologica (ossia relativa alla costruzione e alla classificazione degli strumenti musicali) rimane un po’ oscura e il criterio di appartenenza può apparire macchinoso da comprendere. Forse ricorda quando abbiamo appreso che esiste l’umami, sapore che può essere indotto dal glutammato monosodico, che affianca quelli classici e immediati come il dolce, l’amaro, l’acido e il salato.
Proviamo a enumerare qualche altro idiofono? Castagnette (ossia le nacchere), cimbali, piatti, scacciapensieri, xilofoni, Glockenspiel, gong, triccheballacche, battito di mani o di altre parti del corpo. Testa compresa, meglio se vuota.