Melisma

me-lì-sma

Significato Gruppo di note (secondo alcuni studiosi, più di cinque-sei) cantate su una sola sillaba; fioritura melodica

Etimologia dal greco mélisma ‘musica, canto, melodia’, derivato dal verbo melízo ‘io canto’.

Intorno al 400 d. C. Sant’Agostino sostenne che cantare, vocalizzando senza parole, permetteva di esprimere efficacemente la gioia ineffabile del divino. Come termine di confronto reale portò a esempio lo iubilus. Questo vocabolo compare con una certa frequenza nella letteratura latina, dove si riferisce a una sorta di canto senza parole. Il termine ‘melisma’ recupera proprio tale concetto ed è utilizzato per indicare un gruppo di note cantate sopra un’unica sillaba di testo. Perciò, se intendiamo la musica vocale come enfatizzazione dell’oratoria, il melisma rappresenta un elemento puramente esornativo. Non risponde, quindi, alle necessità testuali declamatorie e prosodiche, ma si configura essenzialmente come un abbellimento musicale.

A dispetto di tanto nobile scopo, il canto fiorito, però, poteva anche essere detestato, al punto che nel XVII secolo Severo Bonini nei Discorsi e regole sopra la musica e il contrappunto fece dire al suo giovane interlocutore Filareto:

Ho sentito alle volte tanti strascichi di note sopra una sillaba, o vocale, e particolarmente sopra la U, et I, che oltre alla confusione del senso delle parole, i cantori parevano tanti tori che mugliassero, o cavalli che nitrissero.

Le sillabe lunghe sono particolarmente adatte per soffermarsi a vocalizzare, ma il melisma può realizzarsi altresì sulle sillabe brevi, oppure su quelle atone, o ancora sull’ultima sillaba della frase.

Il concetto di melisma è però interessante e fondamentale, perché mette in luce le possibilità espressive della musica pura, svincolata dalla parola. Infatti, dobbiamo ricordare che sin dalle origini e per molti secoli la musica fu soprattutto vocale. In molte culture, come in quelle del Vicino Oriente, si mantiene ancora tale, per lo meno negli àmbiti tradizionali. Rimanendo all’interno del nostro Mediterraneo, ecco due brave musiciste greche che cantano utilizzando alcune formule melismatiche.

Il canto sillabico e quello melismatico rappresentano i due estremi riscontrabili nel canto monodico, ossia per una sola voce o per coro all’unisono, come per esempio nel gregoriano. Nel sillabico, a ogni sillaba corrisponde indicativamente una nota, mentre nel melismatico s’indugerà spesso e volentieri nell’esecuzione di melismi, a volte molto lunghi.

Il termine ‘melisma’, in questa precisa accezione, non si trova nelle fonti antiche, ma ha preso piede per definire e circoscrivere questo fenomeno del canto, forse nato con l’uomo stesso e con le sue prime manifestazioni artistiche, rituali e finanche magiche.

L’alleluia gregoriano è una delle preghiere in cui si produsse un progressivo incremento di melismi nel corso dei secoli, soprattutto per l’influenza di preesistenti elementi ebraici e mozarabici (cioè della Spagna cristiana ai tempi della dominazione islamica). Il canto melismatico portò con sé un concetto etico ed estetico che incise profondamente nello sviluppo dello stile musicale europeo del Medioevo, tracimando nelle epoche successive. Dal gregoriano alla polifonia cinquecentesca, dal periodo barocco a tutto il Settecento e ancora dopo, la musica vocale fu segnata dal trionfo dell’ornamentazione, passando per il virtuosismo dei cantori evirati, fino alla rutilante opera italiana. E se la grande sacerdotessa Norma cantasse senza melismi la sua melodia d’invocazione alla Luna, non riconosceremmo neanche l’aria Casta Diva di Vincenzo Bellini… avremmo solo uno scarno motivo di quattro note.

Parola pubblicata il 11 Aprile 2021

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