SignificatoInsieme di foglie secche e ramoscelli che si accumula spontaneamente sotto agli alberi e sulle acque stagnanti
Etimologia voce settentrionale di probabile origine onomatopeica.
Questa parola, comune ma appena ricercata, è profondamente ambivalente.
Il pacciame non è certo roba di pregio, questo è evidente. Parliamo di uno strato di foglie e rametti che si accumula sotto agli alberi, o che trova pace galleggiando sulle acque stagnanti. Roba che non è nemmeno buona per fare il fuoco - si brucia in una vampata, se non è fradicia. Tant’è che uno dei significati che ha preso il termine ‘pacciame’ è quello di spazzatura, senza giri di parole. E però è un residuo molto utile: steso sul terreno ha degli effetti eccezionalmente benefici. Impedisce di crescere alle gramigne o comunque alle piante di troppo, mantiene l’umidità del terreno proteggendolo dal sole, lo difende da piogge dilavanti, lo concima decomponendosi pian piano - insomma, proprio quel tipo di effetto buono e lento che ci fa subito vedere in scorcio l’equilibrio della natura. Ci si stende naturalmente ma la pacciamatura è anche una pratica agricola.
Ora che inizia a cadere qualche foglia, qualcuna di troppo perché non s’inizi a sospettare l’autunno, possiamo scivolare sul pacciame che la forte pioggia ha schiacciato a terra; nel bosco un passo pesante smuove il pacciame e disturba i serpenti; e dal pacciame si leva un profumo intenso di funghi.
Ma è solo questo? Dall’immagine di una coperta di residuo, volentieri fertile, non si riesce a trarre altro? Sì. Gli usi figurati hanno come limite la sola fantasia. Un pacciame di buone abitudini inveterate ci conserva anche nei periodi più scuri e squilibrati; dopo aver buttato giù cento idee per risolvere il problema si passa a setacciare il pacciame in cerca di quella giusta; e sotto al pacciame dei discorsi leggeri o di circostanza s’intuisce il sentimento del rapporto.
Sono parole come questa ad essere davvero sontuose.
Questa parola, comune ma appena ricercata, è profondamente ambivalente.
Il pacciame non è certo roba di pregio, questo è evidente. Parliamo di uno strato di foglie e rametti che si accumula sotto agli alberi, o che trova pace galleggiando sulle acque stagnanti. Roba che non è nemmeno buona per fare il fuoco - si brucia in una vampata, se non è fradicia. Tant’è che uno dei significati che ha preso il termine ‘pacciame’ è quello di spazzatura, senza giri di parole. E però è un residuo molto utile: steso sul terreno ha degli effetti eccezionalmente benefici. Impedisce di crescere alle gramigne o comunque alle piante di troppo, mantiene l’umidità del terreno proteggendolo dal sole, lo difende da piogge dilavanti, lo concima decomponendosi pian piano - insomma, proprio quel tipo di effetto buono e lento che ci fa subito vedere in scorcio l’equilibrio della natura. Ci si stende naturalmente ma la pacciamatura è anche una pratica agricola.
Ora che inizia a cadere qualche foglia, qualcuna di troppo perché non s’inizi a sospettare l’autunno, possiamo scivolare sul pacciame che la forte pioggia ha schiacciato a terra; nel bosco un passo pesante smuove il pacciame e disturba i serpenti; e dal pacciame si leva un profumo intenso di funghi.
Ma è solo questo? Dall’immagine di una coperta di residuo, volentieri fertile, non si riesce a trarre altro? Sì. Gli usi figurati hanno come limite la sola fantasia. Un pacciame di buone abitudini inveterate ci conserva anche nei periodi più scuri e squilibrati; dopo aver buttato giù cento idee per risolvere il problema si passa a setacciare il pacciame in cerca di quella giusta; e sotto al pacciame dei discorsi leggeri o di circostanza s’intuisce il sentimento del rapporto.
Sono parole come questa ad essere davvero sontuose.