Agonia

a-go-nì-a

Significato Ultima lotta fra la vita e la morte; momento che precede la fine; condizione di dolore

Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo agònia ‘angoscia, lotta per la vita’, preso dal greco agonía ‘lotta’, derivato di agón ‘assemblea, lotta’.

Tra gli anni ’50 e gli ’80, in Inghilterra e non solo, Marjorie Proops era una vera celebrità. Prendeva il tè con Cary Grant e Sophia Loren e frequentava duchi, poetesse e circoli politici di ogni orientamento (pur dichiarandosi socialista). Si racconta che quando, con l’immancabile sigaretta sul lungo bocchino, faceva il suo ingresso a una riunione di partito, tutti smettevano di prestare attenzione a chi stava parlando – fosse pure Margaret Thatcher – per precipitarsi da lei. Fu insignita del titolo di Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico, proclamata donna dell’anno nell’84, persino effigiata al museo delle cere di Madame Tussaud. No, Marjorie Proops non era una diva del cinema; era una giornalista, nota soprattutto in quanto titolare, per oltre quarant’anni, della ‘posta del cuore’ su diversi giornali britannici: in inglese, una agony aunt. Zia dell’agonia?? Va bene che una confidente è un po’ una di famiglia, ma che c’entra l’agonia?

La strada fino alla posta del cuore è lunga, e naturalmente comincia dall’agone. Nella Grecia antica, l’agón era una gara pubblica a premi, sportiva o artistica. Inizialmente il termine significava ‘adunanza’, ‘assemblea’, poi, per successive metonimie, passò a indicare il luogo in cui essa si svolgeva, quindi le gare, i certami che in quel luogo si disputavano, e infine la lotta, la contesa in generale. Da agón derivò agonía, che significava appunto ‘lotta’ ma ben presto assunse anche il senso figurato di angoscia, ansia (ennesima metonimia: ogni certame genera angustia e trepidazione tra i certanti). Fu in questa accezione che la parola entrò nel latino tardo, precisamente in ambito ecclesiastico – con accento tonico diverso, agònia, ma soprattutto con una connotazione vieppiù drammatica: dalla fusione dei due significati, ‘lotta’ e ‘angoscia’, si giunse a quello della lotta più angosciosa di tutte, quella contro la morte, e così al senso attuale di ‘agonia’ in italiano.

Agone e Agonia, poi, hanno avuto diversi figli, inclini alcuni alla contesa, come il protagonista (proto-agonista, cioè primo contendente, primattore) e il suo fratello coltello, l’antagonista; altri piuttosto all’affanno, come agognare, in cui la tensione si condensa in desiderio, brama struggente, e agonizzare, pervenuto, dal senso originario di ‘lottare’, a quello di ‘far soffrire’ – in ambito cristiano, martirizzare – e infine di soffrire mortalmente, essere martirizzato.

In italiano abbiamo conservato soprattutto l’accezione cristiana di agonia e agonizzare, quella legata alla morte, vera o metaforica (possono agonizzare anche un amore, una civiltà, una stagione), pur definendo ‘agonia’ anche una condizione di angustia, di angosciosa attesa, o persino di generica sofferenza o insofferenza (dovermi sorbire la recita degli alunni, quest’anno, è stata una vera agonia). In inglese, invece, agony ha conservato solo il significato generico di ‘sofferenza’, fisica o psichica: se qualcuno è in agony non sta morendo ma soffrendo, magari perché si è pestato un dito col martello. Allo stesso modo, agonize significa ‘affliggersi’, ‘angustiarsi’, e transitivamente è agonizing ciò che mi tormenta, mi fa soffrire – che sia una decisione, una situazione, un dolore o la stessa morte.

Va da sé che in italiano, essendo ‘agonizzare’ un verbo intransitivo, nulla può essere ‘agonizzante’ a parte chi o ciò che sta morendo, quindi non si può parlare di ‘dolore agonizzante’, ‘morte agonizzante’ o ‘decisione agonizzante’ – beh, non si potrebbe: neanche a dirlo, una breve ricerca in rete rivela diverse occorrenze, persino sui quotidiani nazionali, di questi sciatti calchi dall’inglese. E ‘acribia agonizzante’, invece, si può dire? Ahinoi, sì.

Parola pubblicata il 07 Gennaio 2020

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