Avvocato
av-vo-cà-to
Significato Giurista abilitato ad assistere una parte in giudizio
Etimologia dal latino advocatus, participio passato di advocare ‘chiamare a sé, chiamare in aiuto’.
Parola pubblicata il 04 Novembre 2016
Le parole della storiografia - con Alessandra Quaranta
Con Alessandra Quaranta, giovane dottoressa di ricerca in Storia, un venerdì ogni due vedremo quali sorprese sappia riservare un approccio storiografico alle parole più consuete.
In epoca medievale e moderna il giurista-avvocato faceva un po’ di tutto sia nelle città sia in sedi periferiche: egli poteva trovarsi di volta in volta nelle vesti di avvocato, consulente di parte, e giudice, ed essere quindi estensore di sentenze e di istanze alla pubblica autorità.
Anche al di fuori del processo la sua attività era molto intensa, data la frequenza delle soluzioni arbitrali e compromissorie sollecitate dalla legislazione statutaria locale: gli avvocati erano spesso chiamati a rappresentare signori o comunità, e a condurre trattative diplomatiche.
Quello che per noi oggi corrisponde all’avvocato vero e proprio in passato era il patrocinatore: colui che sosteneva le ragioni di una delle parti in lite. I patrocinatori a loro volta si dividevano in due rami principali: da un lato gli avvocati difensori in senso proprio, deputati alla difesa del cliente, e appartenenti al Collegio dei giudici; dall’altro i procuratori legali, rappresentanti della parte in giudizio e membri del Collegio dei notai.
Alle dipendenze dei procuratori stavano altre figure scarsamente istruite nel diritto, i cosiddetti sollecitatori, coloro cioè che curavano lo svolgimento dell’iter processuale, seguendone le scadenze e svolgendo adempimenti di carattere burocratico.
Nel mondo anglosassone, poi, esiste una distinzione di lunga tradizione tra i solicitors e i barristers. I primi svolgono il proprio lavoro principalmente al di fuori della corte: forniscono il proprio parere ai clienti, conducono le negoziazioni, predispongono la documentazione legale. Essi agiscono presso le corti minori, dove sono trattati casi meno gravi. Al contrario, i barristers patrocinano la causa dei propri clienti nelle udienze legali degli alti livelli della corte.
Tornando in Italia, gli ambiti tecnici dei quali gli avvocati si occupavano erano numerosi, come si desume dai formulari e dai prontuari che si tramandavano – Anche manoscritti – di generazione in generazione, e dalla varietà dei documenti redatti. La formazione dei giuristi avveniva in primo luogo sul diritto comune, cioè sui testi della compilazione giustinianea, e poteva essere acquisita attraverso il percorso accademico, ma Anche in scuole locali di diritto.
Nelle città italiane esisteva sin dal Duecento il Collegio dei giudici, una corporazione che rappresentava il corpo professionale entro il quale operavano sia i giudici sia gli avvocati. Per essere ammessi al Collegio dei giudici, gli statuti cittadini richiedevano alcuni anni di studio universitario (da tre fino a sette a seconda della normativa vigente). Non si esigeva però un titolo specifico (la Licenza o il Dottorato in Legge), perché non tutti potevano permettersi di pagare la cerimonia di laurea. In più casi l’ammissione al Collegio era subordinata Anche a un esame di conoscenza dei testi giuridici.
Oggi l’iter per avviare la carriera forense prevede il conseguimento della laurea quinquennale in giurisprudenza, una pratica forense di 18 mesi, e l’abilitazione alla professione tramite un esame di Stato. Ma oltre alle competenze tecnico-legali, agli avvocati sono richieste quelle caratteristiche così chiaramente sintetizzate da uno dei padri della nostra Costituzione, Piero Calamandrei: «L’avvocato deve essere uno che sappia comprendere gli altri uomini, assumere su di sé i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce».