Caraffa
ca-ràf-fa
Significato Brocca
Etimologia attraverso lo spagnolo garrafa, dall’arabo ġarrāfa ‘brocca’, forse dal verbo ġarafa ‘versare’.
Parola pubblicata il 01 Settembre 2023
Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini
Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.
Ogni giorno compiamo azioni che ci sembrano anodine e ordinarie. Eppure, oggetti ad esse legate nascondono storie e secoli di intrecci umani e linguistici affascinanti. Ad esempio, quando apparecchiamo la tavola per il pranzo e stendiamo la tovaglia, insieme alle stoviglie, ai tovaglioli e ai bicchieri, portiamo la brocca dell’acqua, anche detta caraffa.
Se ‘brocca’ ha probabilmente una radice latina volgare (forse si riferisce etimologicamente alla sporgenza del beccuccio), ‘caraffa’ ha una storia più esotica da raccontarci, molto simile a quella di una sua collega altrettanto umile e comune, la tazza. Anche ‘caraffa’ deriva dall’arabo, ed è passata attraverso lo spagnolo, grande bacino di prestiti dall’arabo. Qui infatti la si trova come garrafa, eredità diretta dell’arabo ġarrāfa, col significato di ‘brocca’ (anzi spesso è tradotto senza ambagi come ‘caraffa’!). Questo termine deriva dal verbo ġarafa, cioè ‘versare’.
‘Brocca’ e ‘caraffa’ sono usati come sinonimi: le sfumature di differenza che possiamo tentare di individuare ci dicono che con ‘caraffa’ si possono indicare anche contenitori privi di ansa, di manico. Ma è una differenza alquanto sottile e a ben vedere puntigliosa: basta fare una ricerca online (magari perché ne vogliamo acquistare una) per renderci conto che sono etichette praticamente intercambiabili. Un altro tratto che si può avanzare è che la brocca pare essere lievemente più ricercata: i materiali, la fattura delle brocche spesso hanno una certa finezza tradizionale — mentre le caraffe hanno una qual disinvoltura di forme e materiali, che raccogliamo anche nelle caraffe filtranti.
Quest’oggetto è parte della nostra vita in maniera capillare — e nome a parte, la sua tecnologia accompagna la civiltà da sempre. Così parliamo delle caraffe di tè freddo che serviamo a merenda con ghiaccio e menta, del vino che è da scaraffare o da non scaraffare in anticipo, degli eleganti ganimedi che durante il ricevimento corrono di qua e di là nella sala versando acqua dalle loro caraffe.
Il fatto che una cosa così comune e diffusa in tutto il mondo nella nostra lingua sia definita da una parola dall’origine araba ci fa vedere come il tempo e il fare umano si siano impastati del nostro parlare. Partendo da un idioma remoto ed estraneo, passando per una sorella neolatina, caraffa è giunta fino alla lingua italiana, affiancando la brocca, più nostrana, ma ritagliandosi uno spazio di tutto rispetto nel nostro parlare e nel nostro apparecchiare la tavola. Quando si dice parla come mangi — o parla come bevi — resta vero che la varietà è importante.