Ganimede

ga-ni-mè-de

Significato Giovane galante, fatuo, bello e ricercato; favorito, prostituto; cameriere

Etimologia voce dotta recuperata dal latino Ganymedes, prestito dal greco Ganymédes.

  • «È un ganimede, ragiona sempre di abiti e serate — e non che sia una compagnia spiacevole.»

Intorno a una singola suggestione mitologica si avvicendano significati che la reinterpretano sotto le luci più disparate, a seconda del taglio, dello scorcio che interessa, e dell’attualità in cui si cala: il caso di ‘ganimede’ è particolarmente divertente nel modo in cui alterna l’etereo e l’erotico, il cortigiano e... il servizio in sala. Naturalmente dobbiamo iniziare domandandoci questo Ganimede chi fosse.

Sarebbe bello collocarlo in un luogo, in una genealogia, ma ci sono un sacco di ricostruzioni diverse in proposito — sappiamo che molto di rado i miti hanno delle narrazioni univoche: optando per quella più blasonata, omerica, diciamo che Ganimede era figlio di Troo, primo re ed eponimo della città di Troia.
Cercando di lasciare mari incerti e di individuare i tratti invariabili della narrazione che lo riguarda, aggiungiamo che Ganimede aveva una qualità straordinaria (per quanto piuttosto ricorrente, nel mito): era il ragazzo più bello del mondo. Ed ebbe una sorte anche questa straordinaria ma ricorrente: si invaghì di lui, Zeus, che in forma stavolta d’aquila lo rapì mentre pascolava il gregge (oh umiltà delle antiche case reali!) e lo portò sull’Olimpo, dove ebbe un bel posto da coppiere. Ganimede, ora immortale, serve il nettare durante i banchetti degli dei, in sostituzione (pare) di Ebe, figlia di Zeus ed Era (davvero, ogni tanto Zeus aveva anche figli nel matrimonio).

Questa è la tela, piuttosto semplice, su cui la lingua italiana ha ricamato diversi significati per l’antonomasia ‘ganimede’.
Ci sono i significati che vanno dal favorito fino al prostituto, in particolare omosessuale, perché tale è l’attrazione esercitata da Ganimede: possiamo parlare di come in certi eventi mondani diverse personalità in vista si presentino in compagnia di stuoli di ganimedi, o di chi sia il nuovo ganimede del vicino di casa — ma non è questa l’associazione che ha avuto più successo.

Il ganimede, senza connotati esplicitamente erotici, è soprattutto il bellimbusto, il giovane galante, certamente bello e dai modi ricercati, e frivolo; potremmo dirlo uno zerbino, un damerino. Con le mie scarpette nuove mi sento un ganimede, alla cena sfiguriamo fra ganimedi leziosi che sanno intrattenere conversazioni più brillanti della nostra, e l’amico a lezione, al ristorante e in spiaggia è sempre un ganimede. È un tipo di figura per cui abbiamo molti nomi, e quello di ganimede dà una sfumatura particolarmente scherzosa e pulita: gioca sull’altezza di un tono letterario che solo i termini mitologici hanno.

Proseguendo su questa via, ganimede diventa cameriere: possiamo anche parlare dello zio che si fa ganimede girando intorno al tavolo e mescendo i vini migliori alla gente per cui ha più simpatia, del ganimede trasognato che ci prende due volte l’ordinazione, o di come non si veda l’ombra di un ganimede.

Non è il riferimento mitologico più immediato e corrente, ma il mito è un genere di cultura alta che percola facilmente anche dabbasso. Così anche un Ganimede riesce ad avere il suo posto, appena ricercato, nel luogo comune.

In coda annotiamo che inoltre Ganimede, per la sua vicinanza a Zeus/Giove nel racconto, è il nome dato a uno dei quattro satelliti medicei del pianeta Giove (quelli che osservò Galileo) — il satellite naturale più grande fra quelli di Giove e di tutto il sistema solare.

Parola pubblicata il 02 Agosto 2022