Simpatia

La strana coppia

sim-pa-tì-a

Significato Disposizione d’animo favorevole, sentimento istintivo di attrazione; affinità, sintonia

Etimologia voce dotta recuperata dal latino sympathìa, a sua volta dal greco sympátheia, composto di syn ‘con’ e pathos ‘sensazione, emozione’.

Si fa presto a dire “falsi amici”. Ben raramente vero e falso assumono forme pure, incontaminate; figurarsi in un campo così complesso come quello linguistico. Non sempre, in una lingua straniera, un amico è del tutto vero (come in inglese dentist per “dentista”) o totalmente falso – come estate che, sempre in inglese, significa “proprietà immobiliare”. I più insidiosi sono quelli in apparenza così ovvi e inoffensivi da non mobilitare neppure i nostri anticorpi linguistici, e che magari sono parzialmente veri, ma non sempre e dovunque. L’inglese sympathy, per esempio, non sembra nascondere alcuna opacità, e non dubitiamo che corrisponda al nostro “simpatia”. Ma la questione è un po’ più complessa.

Quando nel 1968 uscì “Sympathy for the Devil” dei Rolling Stones, i benpensanti videro confermati i loro peggiori sospetti: “L’avevo detto io che il rock è intrinsecamente satanico!”. Quella espressa da Jagger e soci, però, ad essere precisi non era simpatia ma comprensione, solidarietà. Certo, dal punto di vista diabolometrico non cambia molto, ma semanticamente sì, eccome. La sympathy inglese si rivolge a chi abbia subìto una disgrazia o stia attraversando un brutto momento, tant’è che dire a qualcuno “you have my sympathy” equivale al nostro “hai tutta la mia comprensione”, e una “sympathy letter” non è un’espressione di simpatia bensì una lettera di condoglianze.

Ad analizzare l’etimo della parola, peraltro, l’accezione inglese risulta affatto perspicua: simpatia e compassione sono gemelli omozigoti, essendo entrambi un “sentire – o soffrire – insieme” (“simpatia” dal latino sympathìa, a sua volta dal greco sympátheia, composto di syn “con” e pathos “sensazione, emozione”; “compatire” dal latino tardo còmpati, composto di con e pati “patire”). La differenza sta nel come si intende il pathos greco, il quale indicava un’emozione o esperienza sia positiva sia negativa, mentre nel pati latino la sensazione si fa dolorosa; e infatti la passio oscillava tra la pura sofferenza, di cui quella di Gesù è paradigma, e i travolgenti, potenzialmente rovinosi moti dell’animo, laddove oggi definiamo “passione” anche quella per il tiramisù.

E come la passione, in italiano anche la simpatia si è fatta decisamente spensierata, sbarazzina. Un tempo, per i filosofi, era un’energia vitale che legava cose ed esseri tra loro, opposta alla forza disgregatrice dell’antipatia. Oggi può essere sintonia profonda, ma anche semplicemente gradevolezza (una simpatica serata), affabilità, cortesia (una cassiera simpatica), oppure gaiezza, verve, esuberanza (l’alunno che va male a scuola ma riesce irresistibilmente simpatico a tutti). Può persino svilirsi ad eufemismo, come quando si dice che Tizia è “simpatica” sottintendendo che non sia bella. La sympathy inglese è decisamente più grave e ponderosa: non ha a che vedere col simpatico, ma semmai col simpatetico e l’empatia, ovvero la capacità di mettersi nei panni altrui e comprenderne sentimenti e bisogni (e infatti in inglese lo sciopero di solidarietà si chiama sympathy strike).

Simpatico, simpatetico, empatico: quanta sovrabbondanza per esprimere, in fondo, lo stesso concetto. Oggi si può “stare simpatici” a qualcuno, ma un tempo si aveva simpatia con qualcuno: la simpatia per sua natura dovrebbe essere una condizione di reciprocità, un legame, un campo magnetico. Che possa essere inclinazione univoca, in effetti, è assai curioso. Dopotutto, l’inchiostro simpatico non si chiama mica così perché è un trucco accattivante, ma perché le sue fibre sono solidali con quelle della carta, e col calore che lo rivela agli occhi del mondo.

Parola pubblicata il 22 Ottobre 2019

La strana coppia - con Salvatore Congiu

Parole sorelle, che dalla stessa origine fioriscono in lingue diverse, possono prendere le pieghe di significato più impensate. Con Salvatore Congiu, insegnante e poliglotta, un martedì su due vedremo una di queste strane coppie, in cui la parola italiana si confronterà con la sorella inglese, francese, spagnola o tedesca.