Capillare
ca-pil-là-re
Significato Sottile come un capello; in anatomia, vaso estremamente sottile; diffuso dappertutto; particolareggiato, minuzioso, che tocca ogni aspetto di una questione
Etimologia voce dotta recuperata dal tardo capillare ‘che riguarda i capelli’, da capillus ‘capello’, di origine incerta.
- «Ha davvero una conoscenza capillare dell'opera dell'artista.»
Parola pubblicata il 25 Agosto 2022
Echi, corrispondenze. Di questo ci parla la parola ‘capillare’, relativamente comune in certi usi, piuttosto ricercata in altri. Tutto inizia — e forse c’è chi lo subodorava — dal capello (capillus).
Nel latino tardo, capillare semplicemente descrive qualcosa che ‘riguarda i capelli’ — classicamente era stato addirittura un balsamo per capelli, e qualificava anche gli alberi su cui le Vestali appendevano i loro capelli tagliati dopo la consacrazione.
In italiano, con una progressione semplice, compare descrivendo l’esilissimo, il sottile-come-un-capello, con applicazioni pratiche delle più disparate: oggi non è un uso che sia più molto in voga, ma possiamo parlare dei capillari steli di vetro di una creazione di Murano, di erbe capillari e soffici cresciute dopo la pioggia, di un taglio capillare delle verdure da friggere. Un tubo capillare è sottilissimo, e immergendolo in diversi fluidi assistiamo a diverse dinamiche di capillarità, consistenti in ascensioni e depressioni del fluido sulle sue pareti.
Ora, il capillare sarebbe rimasto in questa zona di significato se non fosse stato scelto per un uso scientifico, anatomico particolare — indicare i vasi capillari. Peraltro quella di Leonardo da Vinci è una delle prime penne a usare così questo termine, raccontando delle sue dissezioni sui cadaveri (fra le altre cose, fu uno studioso acuto del sistema circolatorio). Sono detti così perché sono la parte estrema e più sottile dei vasi sanguigni e linfatici che scorrono nel nostro corpo: il sistema vascolare di un corpo, nelle sue estremità filiformi, echeggia i capelli di quel corpo stesso. E già questo desta meraviglia. Ma questi vasi spiccano anche per un’altra particolarità: sono ubiqui, intessuti in tutte le nostre carni, e l’immagine che emerge è quella in cui non c’è anfratto o recesso del corpo che non ne porti la finissima trama.
È per questo che il capillare diventa il ‘diffuso dappertutto’. Si parla di una capillare infiltrazione mafiosa in un tessuto politico, della rapida e capillare diffusione di una notizia, di una rete di distribuzione capillare da parte dell’impresa. Questa fittissima estensione sconfina concettualmente nel particolareggiato, nel minuzioso: una conoscenza capillare di una biblioteca si spinge fino all’ultimo libro, un’analisi capillare di un nuovo drudo ne vaglia ogni minimo pregio e difetto, e per persuadere tutti dobbiamo fare una capillare opera di convincimento.
Dal capello al balsamo che dà luminosità, dalla sottigliezza del capello a quella della vena più sottile, dall’onnipresenza della vena più sottile alla diffusione completa fin nel particolare più minuto. La parola è sempre la stessa, uguale nella forma da millenni: sono i significati a balzare di riferimento in riferimento, di metafora in metafora come scimmie di ramo in ramo.