Etimologia derivato di castrone propriamente, agnello o puledro castrato, derivato da castrare, su modello di ‘montone’, ‘caprone’, che figuratamente diventa il vile e il balordo.
Qualcuno potrebbe fiutare l’eufemismo e dire “Ohibò, questa parola nasconde qualcosa di volgare”. E invece una volta tanto no.
Per capire la castroneria - lo sproposito, l’errore grossolano - va capito il castrone. Propriamente sarebbe l’animale castrato, in particolare l’agnello o il puledro; ora, a confronto con gli omologhi non castrati il castrone si presenta ovviamente più remissivo, e volentieri è stato visto come vile, stupido. Niente di più facile che usarne figuratamente il nome per descrivere persone che abbiano questi caratteri, ma torniti su misura umana, facendo del castrone il balordo, lo stupido, l’uomo ignorante e di poco valore.
La castroneria allora ci si presenta - buongiorno - come l’atto proprio del castrone, e quindi giusto la sciocchezza, lo sproposito, l’erroremarchiano. Alziamo gli occhi quando l’amico inizia a sparare castronerie senza che, per amor di pace, gli si possa rispondere a tono; realizziamo, con sudori freddi, di aver fatto una castroneria quando dalla lavatrice di bianchi estraiamo per primo un bel calzino rosso; e quando ci accorgiamo di aver scritto una castroneria, di solito, è troppo tardi. Machiavelli, ne Il frate. Commedia, in uno scambio fa raccontare così a un personaggio di aver scordato una chiave importante: «Che faceste?» «La maggior castroneria del mondo.» È la prima registrazione di questa parola nella letteratura italiana.
Non sarà la più alta delle parole, ma non ha niente di sconveniente, e anzi: il suo essere spigolosa e corposa dà spessore allo sproposito, e la rende davvero colorita.
Qualcuno potrebbe fiutare l’eufemismo e dire “Ohibò, questa parola nasconde qualcosa di volgare”. E invece una volta tanto no.
Per capire la castroneria - lo sproposito, l’errore grossolano - va capito il castrone. Propriamente sarebbe l’animale castrato, in particolare l’agnello o il puledro; ora, a confronto con gli omologhi non castrati il castrone si presenta ovviamente più remissivo, e volentieri è stato visto come vile, stupido. Niente di più facile che usarne figuratamente il nome per descrivere persone che abbiano questi caratteri, ma torniti su misura umana, facendo del castrone il balordo, lo stupido, l’uomo ignorante e di poco valore.
La castroneria allora ci si presenta - buongiorno - come l’atto proprio del castrone, e quindi giusto la sciocchezza, lo sproposito, l’errore marchiano. Alziamo gli occhi quando l’amico inizia a sparare castronerie senza che, per amor di pace, gli si possa rispondere a tono; realizziamo, con sudori freddi, di aver fatto una castroneria quando dalla lavatrice di bianchi estraiamo per primo un bel calzino rosso; e quando ci accorgiamo di aver scritto una castroneria, di solito, è troppo tardi. Machiavelli, ne Il frate. Commedia, in uno scambio fa raccontare così a un personaggio di aver scordato una chiave importante: «Che faceste?» «La maggior castroneria del mondo.» È la prima registrazione di questa parola nella letteratura italiana.
Non sarà la più alta delle parole, ma non ha niente di sconveniente, e anzi: il suo essere spigolosa e corposa dà spessore allo sproposito, e la rende davvero colorita.