Diesis
diè-sis
Significato Nell’antica Grecia, termine che definiva un piccolo intervallo musicale, la cui ampiezza variava a seconda delle teorie e dei calcoli matematici che lo definivano. Nella notazione musicale moderna, segno che indica l’innalzamento intonativo di un semitono, riferito alla nota che segue il segno stesso
Etimologia dal latino diesis, prestito dal greco díesis ‘semitono’, propriamente ‘passaggio, intervallo separazione’, derivato di diíemi ‘far passare’, formato da híemi ‘mandare’ col prefisso dia- ‘attraverso’.
Parola pubblicata il 20 Novembre 2022
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Intorno al V secolo a. C. i Greci, nella loro innata vocazione speculativa, tentarono d’individuare il minimo intervallo musicale percepibile, il diesis. I loro calcoli matematici condussero però a risultati differenti, a seconda dei presupposti di partenza.
La questione era sorta in seno ai pitagorici, finché Aristòsseno di Taranto (ca. 375–360 a. C.), filosofo pitagorico che divenne allievo di Aristotele, postulò l’esistenza di un diesis cromatico e di uno enarmonico. Quest’ultimo, più piccolo, equivaleva a un quarto di tono e fu adottato come unità di misura. L’intervallo generato dal diesis muterà ancora molte volte nel corso della storia, mantenendosi comunque inferiore al tono.
Secondo l’attuale temperamento equabile, che divide l’ottava in dodici suoni di uguale ampiezza per complessivi 1200 centesimi, innalza di mezzo tono (100 centesimi) l’intonazione di una nota.
Fin qui la teoria. Nella musica pratica, il primo e unico segno che modificava l’altezza di una nota, abbassandola, fu per molti secoli il bemolle, che oltretutto in origine riguardava solo il Si. Per l’impiego del diesis bisognerà attendere la musica composta dal tardo Medioevo in poi.
Anche Dante utilizzò la parola di oggi: nel De vulgari eloquentia denominò così la divisione tra le due parti principali di ogni stanza della canzone poetica; in metrica, con lo stesso significato, ancora si trova italianizzato nel sostantivo femminile ‘diesi’.
In musica, si scriveva come una sorta di croce a x
e spesso era usato anche con il significato di ‘bequadro’, per annullare il bemolle. Nel Rinascimento sarà descritto come ‘segno di virgole incrociate’.
Uno dei più famosi trattatisti di musica del Trecento, Marchetto da Padova, espertissimo dottore in materia, calcolò il valore del diesis come quinta parte di un tono. Per Marchetto, l’intervallo di semitono cromatico (per esempio Do-Do♯) era detto chroma, e quello di semitono diatonico (dove la nota, ‘passando’, non si chiama più Do, ma diventa Re: Do♯-Re) prendeva appunto il nome diesis. La parola fu mantenuta immutata nell’italiano volgare; similmente, in francese divenne dièse. I tedeschi, invece, preferirono Kreuz (croce), gli inglesi sharp e gli spagnoli sostenido.
In passato i bemolli, e soprattutto i diesis, erano usati con parsimonia. Spesso non erano scritti: l’esecutore capiva al volo se era necessario ricorrervi, e allora li applicava causa necessitatis, o se erano facoltativi, a piacere, e li introduceva per abbellire: causa pulchritudinis.
Come i bemolli, i moderni diesis possono essere scritti anche sul pentagramma nell’iniziale ‘armatura’ di chiave, agendo su tutte le note poste a quell’altezza, senza bisogno di ripeterli di volta in volta. Il doppio diesis innalza il suono di due semitoni.
Ecco una semplice successione melodica in cui i suoni sono innalzati cromaticamente con l’uso dei diesis:
e qui la stessa linea (quella più alta) è armonizzata:
Un accenno al simbolo chiamato cancelletto (#) che, a differenza di quanto sostenuto da alcuni, è morfologicamente molto simile a quello del diesis (♯). Non è ancora chiara l’origine del grafema: si dice che sia un’evoluzione dei segni d’abbreviazione «№», numero, o «℔», quest’ultimo a sua volta derivato dal simbolo di un’unità di misura, in latino libra pondo.
Ma chissà, siamo proprio sicuri che il diesis musicale non possa essere coinvolto nella genesi grafica del suo cugino, reso famoso da Internet? Il termine ‘cancelletto’ descrive oggi efficacemente sia il segno che l’accezione della parola greca originale: ‘passaggio’ o ‘separazione’. Del resto, il cancello non è forse un punto di passaggio? Quanto all’albionico hash (il ‘cancelletto’ inglese con cui si postano gli hashtag, che in America si chiama number sign o pound sign) è un’unità di misura e ha un’incerta etimologia.
Rimane un dubbio: volendo lanciare un tweet, si scriverà #diesis o #♯?