Bemolle

Le parole della musica

be-mòl-le

Significato Segno che abbassa di un semitono la nota a cui è preposto; figuratamente, l’espressione ‘col si bemolle’ assume vari significati

Etimologia dalla lettera B della solmisazione e da molle.

Nella terza riga di questo sonetto, un nonsense ante litteram attribuito al Burchiello (1404-1449), compare la parola ‘bimolle’, una variante oggi poco conosciuta. Infatti, intorno al XV secolo, il bemolle si affacciò anche nei testi letterari, dopo esser stato a lungo relegato nei trattati medievali e nei libri di musica.

All’interno di una misura, questo segno abbassa di un semitono l’altezza di una o più note a esso seguenti. Nella stessa misura, un altro segno, detto bequadro, ne annulla l’effetto, ripristinandone l’altezza naturale. Se i bemolli sono due, la nota perderà due semitoni. Quando poi è posto all’inizio del pentagramma, dopo la chiave, il bemolle abbassa tutte le note che si trovano sulla sua riga o in altre ottave.

L’etimologia è chiara: si tratta di un termine composto da ‘be’ e ‘molle’.

La ‘be’ deriva dalla notazione alfabetica medievale, dove le litterae dell’alfabeto latino A, B, C, D, E, F, G, corrispondevano alle note La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol, come avviene ancora oggi nei paesi anglosassoni. Perciò, la B occupava nella scala la posizione del moderno Si. Dunque, a rigore, scrivere insieme Si e B sarebbe una tautologia. Nel 1768 il celebre filosofo illuminista Jean-Jacques Rousseau dichiarò che gli italiani e altri popoli d’Europa usavano la B, distinguendo tra Bemi e Befa per indicare se fosse naturale o bemolle (ossia, appunto, abbassato di un semitono), ma i francesi già dicevano Si.

Nel madrigale rinascimentale, l’introduzione di un bemolle talvolta serviva a veicolare emozioni, sorpresa, ‘affetti’ oppure armonie particolari, intense, pervase di tristezza, melanconia o, ancora, dolcezza. Ecco invece cosa ottenne, dopo tre secoli, Richard Strauss:

L’accordo evidenziato corrisponde al minuto 00’:28” del video di Also sprach Zarathustra (1896). L’introduzione del Mib crea quel repentino passaggio dall’accordo maggiore a quello minore che caratterizza così nettamente questa celebre pagina.

E la parola ‘molle’? La sequenza delle sei syllabae Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La costituiva l’esacordo, ossia sei suoni che non corrispondevano alle moderne note musicali, ma indicavano una successione d’intervalli con un semitono in mezzo, tra Mi e Fa. Per rappresentare l’intera gamma delle humanae voces furono ideati tre esacordi, ognuno con tre differenti proprietà, detti naturale (Do-Re-Mi-Fa-Sol-La), molle (Fa-Sol-La-Si♭-Do-Re) e duro (Sol-La-Si♮-Do-Re-Mi). Secondo la solmisazione, però, le sillabe di tutti e tre gli esacordi si chiamavano sempre Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La. Bella confusione, no? Semplificando, alla fine l’esacordo molle era detto così perché conteneva il ‘be molle’. Un esempio musicale degli esacordi si trova nella parola solfeggio.

Tutto ebbe inizio verso il 1030, quando Guido d’Arezzo per distinguere i due suoni della B propose una b squadrata, che diverrà il futuro bequadro (♮) e una b rotonda, ‘be rotundum’, una b con la pancia rotonda (rimasta più o meno invariata:♭), inaugurando la fortuna del bemolle. E infatti batté tutta la concorrenza, vincendo sulle altre proposte messe in campo nei vari monasteri d’Europa. Col tempo, il bemolle abbasserà di un semitono qualunque nota, non più il solo Si.

Talvolta i tre attributi naturale, molle e duro variarono accezione. In Germania, per esempio, ancora oggi si usa denominare le tonalità maggiori Dur e quelle minori Moll, sebbene qui entrino in gioco altri fattori musicali. Comunque, la solmisazione e le complesse teorie esacordali caddero in disuso, ma la sagoma dura del bequadro e quella del bemolle, morbida e cedevole, sopravvissero.

Forse, per tutti questi motivi nella cultura vernacolare si conserva l’espressione figurata «col si bemolle», intendendo ‘con cautela’, mentre a Napoli la stessa locuzione significa ‘prendersela comoda, con flemma’ e in Puglia ‘dare una risposta non pertinente’.

Paese che vai, bemolle che trovi. È naturale.

Parola pubblicata il 25 Aprile 2021

Le parole della musica - con Antonella Nigro

La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale