Etimologia voce dotta recuperata dal latino dirìmere, ‘separare, disgiungere’, derivato di èmere ‘prendere’ col prefisso dis- che indica separazione.
C’è un tratto poetico e buffo, nell’altezza di registro di questa parola: così distinta e lucida, comunica i suoi significati di pacificazione e risoluzione a partire da un ‘separare’ — come in una rissa.
Alla sua base c’è un verbo latino generalmente ignoto anche perché non si è conservato in forma autonoma, ma importantissimo perché compone il nucleo originario di un numero vasto e variegato di parole — dall’esimere e l’esentare fino alla vendemmia, all’esempio, al redimere, al premio, senza contare che è matrice del sumere, da cui a sua volta derivano decine di parole italiane, e via e via: questa eminenza grigia è il verbo emere, che nasce con i significati di ‘prendere, comprare’, ed è di origine indoeuropea.
Ora, il dirimere ci racconta un tratto eterno molto presente nella nostra esperienza del mondo: gli umani aggregati fanno cose insieme. Sembra una banalità, ma non lo è se aggiungiamo subito che la disgregazione (o stando alla lettera etimologica il ‘prendere separatamente’ le persone) interrompe quello che il gruppo stava facendo: questo è ciò che fotografa originariamente il dirimere latino — per cui si poteva dirimere un comizio, dirimere un’alleanza e dirimere una lite. Anche se poteva avere significati più generici di dividere e separare, il dirimere è essenzialmente il separare che interrompe una situazione.
Ora, il fatto che il dirimere italiano sia tale e quale al dirimere originale ci fa subito sospettare di trovarci davanti a una voce dotta, ben conservata per iscritto in latino e ripresa in prestito da lì in epoche successive (qui siamo a metà del Duecento). E va detto che proprio in virtù di questa nascita in qualità di latinismo, inizialmente ha avuto anche i significati di dividere, separare, spartire; ma si è affermato coi significati di un risolvere definitivamente, di un pacificare elegante ma con la forza di un troncare.
Se la nuova scoperta dirime la vecchia controversia, interviene interrompendola, ponendovi fine; se chi ha l’ultima parola dirime la questione, la spenge, la scioglie; e se la vicina di casa dirime la lite nel condominio, la chiude separando e domando le istanze una a una — grazie alle sue capacità diplomatiche o al timore che incute.
Un’altra parola da discorso scelto, che però ha un’incisività che niente invidia a quella di sinonimi più bruschi.
C’è un tratto poetico e buffo, nell’altezza di registro di questa parola: così distinta e lucida, comunica i suoi significati di pacificazione e risoluzione a partire da un ‘separare’ — come in una rissa.
Alla sua base c’è un verbo latino generalmente ignoto anche perché non si è conservato in forma autonoma, ma importantissimo perché compone il nucleo originario di un numero vasto e variegato di parole — dall’esimere e l’esentare fino alla vendemmia, all’esempio, al redimere, al premio, senza contare che è matrice del sumere, da cui a sua volta derivano decine di parole italiane, e via e via: questa eminenza grigia è il verbo emere, che nasce con i significati di ‘prendere, comprare’, ed è di origine indoeuropea.
Ora, il dirimere ci racconta un tratto eterno molto presente nella nostra esperienza del mondo: gli umani aggregati fanno cose insieme. Sembra una banalità, ma non lo è se aggiungiamo subito che la disgregazione (o stando alla lettera etimologica il ‘prendere separatamente’ le persone) interrompe quello che il gruppo stava facendo: questo è ciò che fotografa originariamente il dirimere latino — per cui si poteva dirimere un comizio, dirimere un’alleanza e dirimere una lite. Anche se poteva avere significati più generici di dividere e separare, il dirimere è essenzialmente il separare che interrompe una situazione.
Ora, il fatto che il dirimere italiano sia tale e quale al dirimere originale ci fa subito sospettare di trovarci davanti a una voce dotta, ben conservata per iscritto in latino e ripresa in prestito da lì in epoche successive (qui siamo a metà del Duecento). E va detto che proprio in virtù di questa nascita in qualità di latinismo, inizialmente ha avuto anche i significati di dividere, separare, spartire; ma si è affermato coi significati di un risolvere definitivamente, di un pacificare elegante ma con la forza di un troncare.
Se la nuova scoperta dirime la vecchia controversia, interviene interrompendola, ponendovi fine; se chi ha l’ultima parola dirime la questione, la spenge, la scioglie; e se la vicina di casa dirime la lite nel condominio, la chiude separando e domando le istanze una a una — grazie alle sue capacità diplomatiche o al timore che incute.
Un’altra parola da discorso scelto, che però ha un’incisività che niente invidia a quella di sinonimi più bruschi.