SignificatoPeriodo storico contrassegnato da avvenimenti o processi dominanti; tempo, periodo
Etimologia voce dotta recuperata dal greco epoché (astéron) ‘arresto (degli astri)’, da epéchein ‘trattenere, sospendere’, composto di epi- ‘sopra’ e échein ‘avere’.
Per capire una parola è essenziale vedere che rete compone con le sue simili: e questa sembra una parola isolata. C’è giusto il suo derivato ‘epocale’, in italiano, e basta. Ma ne siamo sicuri?
Ci sarà sicuramente qualcuno che dagli studi del liceo o da qualche libro di De Crescenzo ricorda qualcosa del concetto di epoché; è un concetto della filosofia greca, in particolare di quella scettica, e descrive una sospensione - in particolare del giudizio, dell’asserzione. Lo scettico classico non trae conclusioni: accoglie la propria percezione senza considerarla verità di roccia su cui poter costruire qualcosa, sospende il giudizio, e abbracciando l’infondabilità conquista l’atarassia, l’imperturbabilità. Non è davvero lo scettico che conosciamo oggi ma non divaghiamo: la sospensione dell’epoché c’entra qualcosa con il tempo storico dell’epoca? Sì.
Molte volte i termini greci non arrivano in italiano vivi e guizzanti come torrenti, ma secchi e misteriosi come reliquie, schegge parziali di locuzioni un tempo vivide recuperate dopo centinaia anni di silenzio da traduttori rinascimentali che li hanno rinvenuti in tomi ancestrali; i secoli hanno trasformato ellissi vivaci ed economiche in amputazioni da ricostruire filologicamente. Ed è questo il caso. Il nostro ‘epoca’ scaturisce dal greco epoché astéron, l’arresto degli astri, la posizione delle stelle - ma ha perso il riferimento essenziale alle stelle.
In realtà quella di epoché astéron è un’immagine articolata e complessa: da questo arresto delle stelle, da questa loro sospensione in una certa posizione diventa il punto di apogeo dove l’astro sembra fermarsi, un punto d’arrivo, ma più astrattamente anche il punto occupato (épechein vale ‘trattengo, sospendo, occupo un posto’); e non ci stupisce che la configurazione del cielo così descritta possa diventare il periodo di tempo, l’età, l’era - l’epoca.
Nell’epoca le stelle non si arrestano, niente si arresta mai; ma sembra che posino. È un lasso di tempo in cui, se ci facciamo complici dell’approssimazione sfumata dei nostri sensi, il fluire continuo è trattenuto, definito in maniera discreta in una fase cronologica con avvenimenti e processi propri. È sospeso. Così considerando (!) l’epoca medievale, l’epoca antica, l’epoca moderna, abbiamo l’idea che in qualche modo ci fosse un cielo fisso di valori, di dinamiche, anche se sono srotolamenti secolari eterogenei, desultori.
Una parola magnifica perché descrive con poesia alata e suggestiva un concetto vecchio, comune e un po’ sballato.
Per capire una parola è essenziale vedere che rete compone con le sue simili: e questa sembra una parola isolata. C’è giusto il suo derivato ‘epocale’, in italiano, e basta. Ma ne siamo sicuri?
Ci sarà sicuramente qualcuno che dagli studi del liceo o da qualche libro di De Crescenzo ricorda qualcosa del concetto di epoché; è un concetto della filosofia greca, in particolare di quella scettica, e descrive una sospensione - in particolare del giudizio, dell’asserzione. Lo scettico classico non trae conclusioni: accoglie la propria percezione senza considerarla verità di roccia su cui poter costruire qualcosa, sospende il giudizio, e abbracciando l’infondabilità conquista l’atarassia, l’imperturbabilità. Non è davvero lo scettico che conosciamo oggi ma non divaghiamo: la sospensione dell’epoché c’entra qualcosa con il tempo storico dell’epoca? Sì.
Molte volte i termini greci non arrivano in italiano vivi e guizzanti come torrenti, ma secchi e misteriosi come reliquie, schegge parziali di locuzioni un tempo vivide recuperate dopo centinaia anni di silenzio da traduttori rinascimentali che li hanno rinvenuti in tomi ancestrali; i secoli hanno trasformato ellissi vivaci ed economiche in amputazioni da ricostruire filologicamente. Ed è questo il caso. Il nostro ‘epoca’ scaturisce dal greco epoché astéron, l’arresto degli astri, la posizione delle stelle - ma ha perso il riferimento essenziale alle stelle.
In realtà quella di epoché astéron è un’immagine articolata e complessa: da questo arresto delle stelle, da questa loro sospensione in una certa posizione diventa il punto di apogeo dove l’astro sembra fermarsi, un punto d’arrivo, ma più astrattamente anche il punto occupato (épechein vale ‘trattengo, sospendo, occupo un posto’); e non ci stupisce che la configurazione del cielo così descritta possa diventare il periodo di tempo, l’età, l’era - l’epoca.
Nell’epoca le stelle non si arrestano, niente si arresta mai; ma sembra che posino. È un lasso di tempo in cui, se ci facciamo complici dell’approssimazione sfumata dei nostri sensi, il fluire continuo è trattenuto, definito in maniera discreta in una fase cronologica con avvenimenti e processi propri. È sospeso. Così considerando (!) l’epoca medievale, l’epoca antica, l’epoca moderna, abbiamo l’idea che in qualche modo ci fosse un cielo fisso di valori, di dinamiche, anche se sono srotolamenti secolari eterogenei, desultori.
Una parola magnifica perché descrive con poesia alata e suggestiva un concetto vecchio, comune e un po’ sballato.