SignificatoIniziatore di un’eresia; grande bestemmiatore
Etimologia dal latino ecclesiastico haeresiarcha, che è dal greco hairesiàrkhes, composto di haíresis ‘conquista, scelta, eresia’ e dal tema di árkho ‘io comando’.
Una parola che no, non frequentiamo molto, che però è molto facile da intendere al volo: che cosa sia un’eresia è noto, e quel suffisso ‘-arca’ ci evoca subito un ruolo di comando echeggiando fra monarca, patriarca, oligarca, gerarca. Insomma, anche se non ricordiamo di averla mai sentita, non ci stupisce scoprire che l’eresiarca è il capo, l’iniziatore di un’eresia.
Ora, se si parla di eresie ci vengono in mente in modo in particolare correnti di pensiero che rompono l’unità dottrinale di una chiesa cristiana, mettendo in dubbio dogmi, negandoli, interpretandoli in maniera divergente. Spesso l’eresia è scaturita da un singolo pensatore carismatico che l’ha poi guidata, ed egli è l’eresiarca, che volentieri dà il nome alla sua eresia: l’arianesimo di Ario, prete alessandrino del IV secolo, il nestorianesimo di Nestorio, vescovo di Costantinopoli nel V, i dolciniani di Fra Dolcino, predicatore del Due-Trecento, e via dicendo (magari a qualcuno viene in mente anche quello tedesco delle novantacinque tesi).
Messa così la figura dell’eresiarca è senza dubbio poderosa ma un po’ limitata. Ebbene, pur mantenendo la struttura dell’eresiarca religioso sono registrati significati più lati: eresiarca è chi propugna, chi difende da precursore idee, principî, regole che si pongono in diretto e incompatibile contrasto con idee, principî e regole precedenti che informano l’ambito di un’arte, di una scienza, di una filosofia, e in generale di un campo normato. Così come l’eresiarca chierico con la sua scelta sapienziale frattura il monolito di una dottrina, l’eresiarca laico rompe con la sua interpretazione un’unità, una continuità di regola e prospettiva a cui, s’intende, è dato un tono di supposta assolutezza, sacra. Possiamo parlare degli eresiarchi dell’astrattismo, dell’eresiarca politico che cerca un compromesso fino ad allora escluso, degli eresiarchi che hanno iniziato ad abbinare il vino rosso al pesce.
Ma c’è un altro tipo di eresiarca, illuminato da un’ironia dissacrante (che agisce sulla lingua tanto quanto la religione). Per iperbole viene detto eresiarca anche chi per abitudine infili sequele di bestemmie da far tremare i lampadari, o in un’accezione un po’ più smussata chi tenda a sparare grossi spropositi: in questo modo la superba figura sommamente e seriamente condannata dell’eresiarca vero si estende a uno zotico grossolano. La beghina evita il bar frequentato da eresiarchi all’ottava sambuca, per avvertire senza parlar male si avvisa che alla cena ci sarà Tizio, ed è un eresiarca, e a frequentare certa gente si diventa eresiarchi.
Una parola che no, non frequentiamo molto, che però è molto facile da intendere al volo: che cosa sia un’eresia è noto, e quel suffisso ‘-arca’ ci evoca subito un ruolo di comando echeggiando fra monarca, patriarca, oligarca, gerarca. Insomma, anche se non ricordiamo di averla mai sentita, non ci stupisce scoprire che l’eresiarca è il capo, l’iniziatore di un’eresia.
Ora, se si parla di eresie ci vengono in mente in modo in particolare correnti di pensiero che rompono l’unità dottrinale di una chiesa cristiana, mettendo in dubbio dogmi, negandoli, interpretandoli in maniera divergente. Spesso l’eresia è scaturita da un singolo pensatore carismatico che l’ha poi guidata, ed egli è l’eresiarca, che volentieri dà il nome alla sua eresia: l’arianesimo di Ario, prete alessandrino del IV secolo, il nestorianesimo di Nestorio, vescovo di Costantinopoli nel V, i dolciniani di Fra Dolcino, predicatore del Due-Trecento, e via dicendo (magari a qualcuno viene in mente anche quello tedesco delle novantacinque tesi).
Messa così la figura dell’eresiarca è senza dubbio poderosa ma un po’ limitata. Ebbene, pur mantenendo la struttura dell’eresiarca religioso sono registrati significati più lati: eresiarca è chi propugna, chi difende da precursore idee, principî, regole che si pongono in diretto e incompatibile contrasto con idee, principî e regole precedenti che informano l’ambito di un’arte, di una scienza, di una filosofia, e in generale di un campo normato. Così come l’eresiarca chierico con la sua scelta sapienziale frattura il monolito di una dottrina, l’eresiarca laico rompe con la sua interpretazione un’unità, una continuità di regola e prospettiva a cui, s’intende, è dato un tono di supposta assolutezza, sacra. Possiamo parlare degli eresiarchi dell’astrattismo, dell’eresiarca politico che cerca un compromesso fino ad allora escluso, degli eresiarchi che hanno iniziato ad abbinare il vino rosso al pesce.
Ma c’è un altro tipo di eresiarca, illuminato da un’ironia dissacrante (che agisce sulla lingua tanto quanto la religione). Per iperbole viene detto eresiarca anche chi per abitudine infili sequele di bestemmie da far tremare i lampadari, o in un’accezione un po’ più smussata chi tenda a sparare grossi spropositi: in questo modo la superba figura sommamente e seriamente condannata dell’eresiarca vero si estende a uno zotico grossolano. La beghina evita il bar frequentato da eresiarchi all’ottava sambuca, per avvertire senza parlar male si avvisa che alla cena ci sarà Tizio, ed è un eresiarca, e a frequentare certa gente si diventa eresiarchi.
Deliziosamente ricercata.