Esedra
e-sè-dra
Significato Nell’antichità, luogo di ritrovo all’aperto dotato di sedili; struttura architettonica a semicerchio, spesso colonnata
Etimologia voce dotta recuperata dal latino exedra, prestito dal greco exédra, ‘seduta esterna’, derivato di hédra ‘sedile’ col prefisso ex- ‘fuori’.
Parola pubblicata il 16 Gennaio 2021
La realtà architettonica dei nostri parchi, delle nostre case, delle nostre città è popolata di forme e spazi ricorrenti. Vi si svolge la vita nostra e vi si è svolta quella dei nostri nonni antichi – ma non sempre a queste forme e spazi sappiamo dare un nome; trovandolo, riusciamo a comprendere in un lampo sintetico una funzione, un filone di contesto, un tema del mondo. L’esedra è importante.
La forma che racconta è il semicerchio, l’emiciclo. È una forma architettonica, che ha vissuto e vive sia in una dimensione minuta, perfino domestica, sia in una dimensione monumentale. Ma il suo nome è letteralmente quello di un ‘sedile esterno’.
Nelle case ricche dei Greci e dei Romani era consueto trovare, rivolte dai colonnati verso i cortili interni o verso l’esterno dei giardini, sedute a semicerchio che fungessero da luogo di ritrovo – delle panche che dall’alto hanno forma di C, fisse e in pietra o mobili. L’intuizione è folgorante: per intrattenersi insieme, la panca dritta offre una forma imperfetta. Invece il semicerchio è spalancato, invita a unirsi, crea una scena, e tutti noi che siamo seduti possiamo vederci e parlarci comodamente. Di seguito un quadro di Sir Lawrence Alma-Tadema del 1881, Saffo e Alceo, in cui si vede rappresentata un’esedra (luogo ricorrente nei dipinti di Alma-Tadema, qui quasi un piccolo teatro): il poeta Alceo suona e la poetessa Saffo ascolta rapita.
Negli edifici pubblici l’esedra ha altre proporzioni, ma anche in questo caso raccoglie un luogo sulla via, o nello spazio principale interno, una nicchia che è un po’ piazzola, magari ornata con statue o altro di significativo: il luogo per incontrarsi e soffermarsi, fuori e dentro, è parte antica e fondamentale di tanti edifici.
In proporzioni ancor più ampie l’esedra declina la sua offerta di dare un luogo in cui raccogliersi e intrattenersi con vasti colonnati semicircolari, diventando anche (o puramente) un elemento scenografico elegante e maestoso, come quella che campeggiava nelle Terme di Diocleziano a Roma – e la cui forma fu conservata nell’apertura di piazza della Repubblica, già nota proprio come piazza Esedra.
Così oggi possiamo notare come le piccole esedre che punteggiano il parco siano luogo felice per bisbigli leggeri sul far della notte, come la gente durante l’acquazzone improvviso si rifugi ridendo sotto l’esedra, e come quando è estate gli anziani del paese dispongano all’ombra un’allegra esedra di sedie scompagnate.
Ma a sentirlo, questo termine ‘esedra’, non assomiglia un po’ a termini geometrici come tetraedro, dodecaedro? Ad esempio l’esaedro, un poliedro con sei facce, è quasi uguale, no? Be’, l’elemento -edro che caratterizza i nomi di queste figure ci parla giusto di ‘facce’, e ha la stessa radice dell’esedra: infatti quelle che pensiamo come facce di un poliedro possono facilmente essere pensate come… sedute.