Incidente

in-ci-dèn-te

Significato Fatto negativo inatteso, disgrazia, scontro; sinistro, scontro di veicoli; che incide, che colpisce

Etimologia voce dotta recuperata dal latino incidere, derivato di càdere ‘cadere’, con prefisso in-.

Nel 1999, il fumettista francese David B. pubblicava il primo tomo di Les incidents de la nuit, storia sfrenatamente onirica che ha per protagonisti, tra gli altri, un libraio il cui negozio è un deposito di zio Paperone coi libri al posto dei dollari, un ex soldato napoleonico sfigurato a Waterloo, l’angelo della morte Azrael e lo stesso autore in modalità sognante. Ignoriamo il perché l’edizione italiana abbia conservato il titolo originale; certo una traduzione letterale – Gli incidenti della notte – avrebbe fatto pensare a una graphic novel sulle ‘stragi del sabato sera’. Nel sentire la parola ‘incidente’, infatti, è a questo che pensiamo a tutta prima: un sinistro. Il quale, però, in francese (come anche in inglese), non si dice incident bensì accident, cioè accidente, che per noi… Accidenti, ma quand’è che le due parole hanno iniziato ad ingarbugliarsi?

In latino, il sostantivo accidens nasceva dal participio presente di accidere (ad-càdere), cadere sopra, piombare addosso, e quindi accadere, capitare più o meno casualmente – accidentalmente, appunto. Dunque, accidens era l’evento fortuito, la circostanza casuale; ma poiché avviene che gli imprevisti siano più spesso sgradevoli che lieti, il termine poteva significare anche ‘disgrazia’, ‘caso sfortunato’. Nel linguaggio filosofico, inoltre, indicava – in opposizione a substantia – le caratteristiche accessorie, non essenziali, di qualcosa.

Incidente invece viene dal latino incidere (in-càdere, da non confondere con l’incidere che è da in-caedere, ‘tagliare’). Rispetto ad ‘accadere’, quindi, si tratta di un cadere in, piuttosto che sopra: differenza apparentemente di poco conto, ma essenziale. Se due rette sono incidenti, vuol dire che hanno un punto in comune, ma quel punto si colloca in una traiettoria più ampia. L’incidente, dunque, di norma interrompe uno svolgimento, è sempre incidente di percorso.

Ma a ben vedere, forse che ogni cosa – anche ciò che semplicemente ad-cade – non si situa in un percorso? Infatti parliamo degli accidenti della vita, diciamo che qualcosa è successo per accidente, i medici chiamano così la complicazione imprevista di un decorso (che a livello colloquiale diventa sinonimo di ‘colpo apoplettico’: mi hai fatto venire un accidente!), e un tempo una disavventura marittima era detta accidente di mare. Insomma, non sembrava esserci spazio per incidente, che in origine (parimenti al latino incidens) era nient’altro che il participio presente di incidere.

La sua carriera di sostantivo, realizzata a spese del fratello accidente, inizia timidamente alla fine del Seicento con l’accezione di ‘episodio, caso particolare che avviene improvvisamente ad interrompere il corso regolare di un’azione’. I nostri puristi ottocenteschi, ça va sans dire, lo stigmatizzano quale francesismo; ma la sua ascesa è inarrestabile, e invade non solo il campo della disputa, dello scontro (incidente diplomatico, manifestazione senza incidenti), ma anche quello delle disgrazie (incidente sul lavoro, d’auto, aereo, ferroviario).

Così, in italiano il povero accidente finisce relegato ad oscuri usi specialistici o colloquiali (non vedo un accidente, regola quell’accidente di antenna, ti venisse un accidente!). Senz’altro ne ha guadagnato la chiarezza: nessuno rischia di confonderlo col fratello, mentre in francese molti abbisognano di spiegazioni per sceverare accident da incident, che a volte sono persino intercambiabili (incidente di percorso si può dire tanto incident quanto accident de parcours).

Insomma, un parvenu forestiero, incidente, che da noi ha fatto più carriera che in patria. Niente di inedito, nella lingua come nella storia umana: accidenti della vita, incidenti di un percorso inevitabilmente accidentato.

Parola pubblicata il 21 Luglio 2020

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