SignificatoRaggruppamento etnico e formazione statale tipica del mondo turco-mongolo, specie medievale; gruppo disordinato e violento di armati; turba, massa di persone confusa, disordinata e distruttrice
Etimologia dal tataro orda ‘campo del Khan’.
Le parole sono fatte d'immaginazione, e specie i prestiti che viaggiano per lungo tratto nello spazio e nel tempo si affermano in virtù di aure che fanno una grande presa sulla fantasia.
Nel medioevo, col mondo turco-mongolo la lingua italiana non ha avuto interazioni massicce, per comprensibili motivi geografici (anche se forse oggi dovremmo dire geopolitici). Questo non significa però che non ne abbia subìto il grande temibile fascino, di un esotismo impareggiabile. Senza scomodare il grande misterioso racconto di Marco Polo, ci basti pensare alla semplicità — dotta e ingenua insieme — di come il nome del gruppo etnico dei Tatari, popolazioni mongole che nel XIII secolo giunsero in Europa Orientale, non solo sia stato usato per indicare ogni invasore nomade proveniente dall’Asia, ma sia stato modificato in Tartari, evocando il terrificante inferno dell’antichità classica, il Tartaro.
Se oggi parliamo di orda, ci viene in mente il profilo di un gruppo dai caratteri molto netti: numerosissimo, caotico, distruttore. Orda è in effetti un termine della lingua tatara — una lingua del ceppo turco, che ovviamente comprende anche il turco, ma che abbraccia uno sterminato arcipelago di lingue che si estende dal Bosforo, al Golfo Persico fino alla Siberia profonda. In questa lingua ha un significato preciso e più ordinato di quello che ci aspetteremmo: è letteralmente il campo di un khan — titolo di sovrani dell’Asia centrale. Per dare trama a questo tessuto, aggiungiamo che da questa radice viene anche il nome della lingua urdu, parlata soprattutto in Pakistan e in India, che con quelle turchiche non ha a che fare (è indoeuropea del ceppo indoario), ma che prende in prestito il proprio nome col senso di lingua dell’accampamento.
Come si coglie da alcuni referenti storici — il Khanato dell’Orda d’Oro, dell’Orda Blu, dell’Orda Bianca — l’orda non era un mucchio selvaggio e sbandato, ma una formazione statale di forte impronta militare, con un’organizzazione che, stretta intorno a un capo, teneva insieme una complessità tribale non dappoco. Ad esempio, il citato Khanato dell’Orda d’Oro si costituì come entità autonoma con la fine dell’impero di Gengis Khan (alla lettera ‘Signore universale’), di cui rappresentava l’estremità nord-occidentale. Ai tempi di Dante e ancora oltre prosperò — tanto che non si sa bene dire se questo riferimento all’oro indicasse il colore delle tende dell’accampamento originale, la tenda letteralmente intessuta d’oro di Batu Khan o in genere la grande ricchezza di questo stato.
Attraverso le lingue slave prima e germaniche poi, questo nome di orda è penetrato nelle lingue d’Europa. Il taglio di significati che ha acquisito ci dà ragione dell’impressione che ha fatto quella galassia di fenomeni e di culture, più che della sua realtà storica: barbarie, violenza irresistibile, paura. Anche se è vero che poche invasioni hanno avuto il potere dirompente e l’estensione incommensurabile di quelle che si sono irradiate dal centro dell’Asia (per quanto l’inclinazione alla razzia e al saccheggio sia un tratto poco caratterizzante, non è che da noi si razziasse e saccheggiasse tanto meno).
Così, anche senza parlare concretamente di orde barbariche, nel nostro piccolo echeggiamo quel mondo lontano parlando dell’orda di fan che si accalcano sull’artista, delle orde turiste che si attendono a settimane col cambio di stagione, dell’orda di gente che spazia nei prati fioriti e nei canti ameni dei parchi.
Le parole sono fatte d'immaginazione, e specie i prestiti che viaggiano per lungo tratto nello spazio e nel tempo si affermano in virtù di aure che fanno una grande presa sulla fantasia.
Nel medioevo, col mondo turco-mongolo la lingua italiana non ha avuto interazioni massicce, per comprensibili motivi geografici (anche se forse oggi dovremmo dire geopolitici). Questo non significa però che non ne abbia subìto il grande temibile fascino, di un esotismo impareggiabile. Senza scomodare il grande misterioso racconto di Marco Polo, ci basti pensare alla semplicità — dotta e ingenua insieme — di come il nome del gruppo etnico dei Tatari, popolazioni mongole che nel XIII secolo giunsero in Europa Orientale, non solo sia stato usato per indicare ogni invasore nomade proveniente dall’Asia, ma sia stato modificato in Tartari, evocando il terrificante inferno dell’antichità classica, il Tartaro.
Se oggi parliamo di orda, ci viene in mente il profilo di un gruppo dai caratteri molto netti: numerosissimo, caotico, distruttore. Orda è in effetti un termine della lingua tatara — una lingua del ceppo turco, che ovviamente comprende anche il turco, ma che abbraccia uno sterminato arcipelago di lingue che si estende dal Bosforo, al Golfo Persico fino alla Siberia profonda. In questa lingua ha un significato preciso e più ordinato di quello che ci aspetteremmo: è letteralmente il campo di un khan — titolo di sovrani dell’Asia centrale. Per dare trama a questo tessuto, aggiungiamo che da questa radice viene anche il nome della lingua urdu, parlata soprattutto in Pakistan e in India, che con quelle turchiche non ha a che fare (è indoeuropea del ceppo indoario), ma che prende in prestito il proprio nome col senso di lingua dell’accampamento.
Come si coglie da alcuni referenti storici — il Khanato dell’Orda d’Oro, dell’Orda Blu, dell’Orda Bianca — l’orda non era un mucchio selvaggio e sbandato, ma una formazione statale di forte impronta militare, con un’organizzazione che, stretta intorno a un capo, teneva insieme una complessità tribale non dappoco. Ad esempio, il citato Khanato dell’Orda d’Oro si costituì come entità autonoma con la fine dell’impero di Gengis Khan (alla lettera ‘Signore universale’), di cui rappresentava l’estremità nord-occidentale. Ai tempi di Dante e ancora oltre prosperò — tanto che non si sa bene dire se questo riferimento all’oro indicasse il colore delle tende dell’accampamento originale, la tenda letteralmente intessuta d’oro di Batu Khan o in genere la grande ricchezza di questo stato.
Attraverso le lingue slave prima e germaniche poi, questo nome di orda è penetrato nelle lingue d’Europa. Il taglio di significati che ha acquisito ci dà ragione dell’impressione che ha fatto quella galassia di fenomeni e di culture, più che della sua realtà storica: barbarie, violenza irresistibile, paura. Anche se è vero che poche invasioni hanno avuto il potere dirompente e l’estensione incommensurabile di quelle che si sono irradiate dal centro dell’Asia (per quanto l’inclinazione alla razzia e al saccheggio sia un tratto poco caratterizzante, non è che da noi si razziasse e saccheggiasse tanto meno).
Così, anche senza parlare concretamente di orde barbariche, nel nostro piccolo echeggiamo quel mondo lontano parlando dell’orda di fan che si accalcano sull’artista, delle orde turiste che si attendono a settimane col cambio di stagione, dell’orda di gente che spazia nei prati fioriti e nei canti ameni dei parchi.