Pila

pì-la

Significato Struttura portante verticale usata in architettura, costituita da blocchi sovrapposti (per estensione, qualsiasi mucchio di oggetti impilati l’uno sull’altro); vasca, perlopiù di pietra, atta a contenere acqua o altro liquido

Etimologia dal latino pila ‘pilastro, mortaio’.

Pila, ovvero pilastro oppure buca scavata nella pietra: com’è che la stessa parola indica sia qualcosa di pieno che di vuoto? Il mistero si chiarisce se si pensa al mortaio, del quale fanno parte la coppia di elementi pilum, pestello, e pila, mortaio. I dizionari tendono a tener distinte le due accezioni di pila ed a trattarle come omonimi, ma è probabile che all’inizio ci sia un unico termine, proprio pila in quanto pietra da mortaio o, più in generale, blocco di pietra. Da qui si passa senza troppa difficoltà alla pila in quanto catasta di blocchi sovrapposti e quindi pilastro; ed alla vasca, in quanto scavata nella pietra.

La pila/vasca ha perlopiù accezioni specifiche: a parte alcuni significati tecnici, è il nome che prendono ad esempio il fonte battesimale e l’acquasantiera; ma anche la più prosaica vasca dell’acquaio, o l’evocativo specchio d’acqua che si forma in corrispondenza di una sorgente.

Dal punto di vista architettonico la pila/pilastro è un elemento strutturale fondamentale: è la colonna che sorregge soffitti, volte, ponti; ed a meno che si tratti di un monolito, o di una colata di cemento, è costituito da una… pila ordinata di blocchi di pietra o di mattoni. È ovvio che questo concetto si presti ad usi figurati, come la citata pila di panni da stirare, o di libri da leggere o di piatti da lavare. Però la pila è anche il nome comune della torcia elettrica, che non sembrerebbe proprio avere a che fare con tutto il resto: dov’è quindi il collegamento?

Tutto nasce con l’invenzione, nel 1799, della pila elettrica da parte di Alessandro Volta. Da anni impegnato in un’aspra (per quanto civile) controversia con Luigi Galvani a proposito dell’elettricità animale (il cosiddetto galvanismo), Volta aveva capito alcune cose fondamentali: ogni accoppiamento di materiali, solidi o liquidi, genera elettricità; una serie di molti materiali solidi diversi fornisce la stessa elettricità della coppia di materiali agli estremi (ad esempio la serie zinco-ferro-rame è equivalente alla serie zinco-rame); se però all’interno di un unica serie si intercalano conduttori solidi e liquidi, si riesce a sommare l’elettricità prodotta da ogni coppia di metalli.

Dette così, sembrano cose relativamente semplici, ma ci sono voluti anni e anni di studio, anche perché ai tempi gli strumenti di misura dei fenomeni elettrici erano davvero rudimentali. Il risultato fu la ben nota pila di volta: si trattava di coppie di dischi di rame e zinco a contatto fra loro, separate da dischi di panno o cartone imbevuti di una soluzione di acido solforico – tutto questo montato in colonna, da cui il nome di pila che lo stesso Volta assegnò a questa invenzione.

Successivamente fu inventata la pila a secco, come le normali batterie che usiamo nei telecomandi; e poiché uno degli usi più frequenti delle pile era di alimentare una lampadina a incandescenza (inventata da Edison non meno di ottant’anni dopo le scoperte di Volta), le relative torce elettriche presero il nome di pila. Ecco risolto il mistero!

La pila inventata da Volta si diffuse in un lampo: era la prima sorgente di corrente continua, a differenza dei generatori triboelettrici precedenti che riuscivano a produrre solo scariche istantanee; e per di più era qualcosa di relativamente facile da realizzare. Volta divenne famosissimo, venendo omaggiato persino da Napoleone.

Arrivato a questo traguardo, Volta, ormai anziano, smise di fare ricerche prima di capire esattamente cosa accadesse all’interno di questa straordinaria invenzione: la sua convinzione era che la generazione di corrente da parte della pila sarebbe stata perpetua, ma fu presto contraddetto da altri scienziati, fra cui spicca il tedesco Johann Wilhelm Ritter, il quale capì che alla base della pila di Volta c’erano reazioni chimiche irreversibili – in sostanza quella pila, prima o poi, si sarebbe scaricata. Lo stesso Ritter inventò anche il primo accumulatore elettrico, ovvero pila ricaricabile; ma attenzione: a quei tempi, per caricare una pila… ce ne voleva un’altra, perché i generatori di corrente (dinamo e alternatore) inizieranno a comparire non meno di cinquant’anni dopo.

La scoperta che all’interno della pila si verificano reazioni chimiche portò a cercare reazioni chimiche anche all’esterno di essa; e nel giro di pochi anni fu scoperto il fenomeno dell’elettrolisi, grazie al quale ad esempio l’acqua fu scissa in ossigeno e idrogeno. Sempre grazie all’elettricità furono isolati elementi chimici precedentemente sconosciuti come sodio, potassio, calcio, magnesio, e fu dato il via alla galvanostegia, la tecnica che consente di fare cromature, zincature, ecc. L’elenco delle scoperte e invenzioni susseguite all’invenzione della pila è interminabile; ma per dare davvero una svolta al mondo bisognerà attendere la scoperta che l’elettricità può generare il magnetismo (e viceversa), con la successiva invenzione dei generatori di corrente e dei motori elettrici. In ogni caso, non c’è che dire: con l’invenzione della pila, Volta ha dato una scossa al mondo!

Parola pubblicata il 02 Agosto 2024

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