Sarabanda

sa-ra-bàn-da

Significato Danza popolare spagnola dei secoli XVI e XVII; sezione all’interno di una suite strumentale barocca; figuratamente: chiasso, gazzarra

Etimologia dallo spagnolo zarabanda, di origine incerta.

La sarabanda è una delle danze strumentali barocche più famose, che nel Seicento divenne uno dei movimenti canonici della suite strumentale, insieme all’allemande, alla courante e alla gigue. Pare che le sue origini risalgano al Cinquecento.

Il termine çarauanda comparve probabilmente per la prima volta in un poema manoscritto panamense del 1539 di Fernando Guzmán Mexía. Tuttavia, l’etimo è incerto. Una teoria vedrebbe assonanze tra lo spagnolo zarabanda e il persiano sar-band o ser-band (un genere di canto, oppure una fascia per capelli), forse mediato dagli Arabi che avevano dominato in Spagna. Potrebbe darsi che il termine fosse esportato dai conquistadores nel Nuovo Mondo con possibili ibridazioni di significato. Le presunte ascendenze mediorientali della danza furono riferite da Marin Mersenne nella sua Harmonie Universelle (1636), che l’attribuì a «les Sarrazines, ou Mores».

Se si accetta l’origine amerinda della danza, non altrettanto può farsi con il termine, perché la zarabanda era detta dai nativi cuecuecheuycatl. Il dotto domenicano Diego Durán che aveva studiato a fondo la lingua Nahuatl (idioma precolombiano ancora parlato in alcune zone del Messico) spiegò che la parola significava ‘ballo eccitante’. Infatti, era una danza sfrenata e soprattutto oscena, con movenze in cui uomo e donna si toccavano. Troppo, per il cristianissimo Occidente, e perciò nel 1583 Filippo II di Spagna la vietò; continuò però a sopravvivere nei riferimenti letterari dei grandi autori del Siglo de Oro. Uno per tutti: Cervantes, che citò una endemoniada çarabanda in un romanzo del 1613. Il significato figurato di chiasso, confusione disordinata, era perfettamente calzante con la pessima fama che accompagnava il ballo originario. A cavallo tra Cinque e Seicento, le prime sarabande erano suonate da chitarra, nacchere e forse altri strumenti a percussione; avevano inoltre un testo con ritornello.

I primi esempi musicali in Italia comparvero nelle intavolature per chitarra, cominciando dalla Nuova inventione d’intavolatura, per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola di Girolamo Montesardo (1606). Per inciso, nell’Adone (1623) Giambattista Marino scrisse dell’oscena danza:

«Chiama questo suo gioco empio e profano Saravanda, e Ciaccona il nuovo Hispano.»

Le intavolature, come la pagina qui riprodotta, sono un sistema grafico di notazione strumentale; nel caso della chitarra, o del liuto, i numeri o le lettere indicano la posizione del dito sulla tastiera dello strumento.

In queste fonti la sarabanda si presenta come un’unica frase musicale da replicare più volte con eventuali improvvisazioni, secondo uno specifico schema armonico.

Col tempo la struttura evolse, ampliandosi e definendosi secondo la più elaborata forma della sarabande francese; questa adottava preferibilmente andamenti lenti. Anche in Germania fu accolta con favore: Michael Praetorius la incluse nelle sue Danze di Tersicore (1612).

La sarabande francese divenne popolare in Inghilterra, forse introdotta dal chitarrista italiano Francesco Corbetta che aveva lavorato alla corte del giovane Re Sole prima di trasferirsi in Gran Bretagna.

Ormai trasformata da ballo licenzioso a composizione strumentale d’andamento lento, Jean Jacques Rousseau ne ratificò definitivamente il significato: «Air d’une danse grave» (Dictionnaire de musique, 1764).

Alcune sarabande sono ancora molto conosciute, come quella di Händel per clavicembalo, tratta dallasuite n. 3 in Re minore (ricordate Barry Lyndon? Ma l’originale è per clavicembalo).

Forse, però, il più famoso autore è rimasto Johann Sebastian Bach, che scrisse le bellissime sarabande delle suite per strumento solista (clavicembalo, violoncello, flauto, violino, liuto), e della Suite Orchestrale in Si minore.

Ma sarà orchestra, o sarà banda?

Parola pubblicata il 05 Luglio 2020

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