Sbdêl

sbdèl

Significato Varietà linguistica: emiliano-romagnolo — Ospedale

Etimologia dal latino hospitale(m), aggettivo di hospes ‘ospite’, in origine ‘stanza degli ospiti, albergo’, poi genericamente ‘ricovero’, e infine ‘ricovero per ammalati’.

Hospitale in latino aveva quattro sillabe, in italiano ospedale ne ha ancora quattro, con la parola italiana molto simile alla sua base latina. In emiliano-romagnolo, nella parola corrispondente (sbdêl), le sillabe da quattro sono diventate una sola, con un affastellarsi di consonanti una sull’altra. E c’è una sola vocale sopravvissuta, quella che era accentata. La perdita di vocali non accentate è un fenomeno diffuso in molti dialetti del nord ma è portato alle conseguenze estreme in romagnolo, che proprio per questo motivo è totalmente incomprensibile a un orecchio non allenato. Ricordo la mia tata forlivese di Dovàdola (Dvêdla) che diceva i m-i à dé a-e’ sbdêl d Frampùl (9 sillabe: la frase italiana corrispondente “me li hanno dati all’ospedale di Forlimpopoli” ne ha 18). Anche in francese si ha una drastica perdita di sillabe tra la base latina e la parola moderna: la parola francese corrispondente, cioè quella che ha la stessa trafila etimologica, è hôtel, dove le sillabe superstiti da quattro sono ridotte a due. E il fenomeno della ‘riduzione del numero di sillabe’ (sincope dicono i linguisti) non è l’unica somiglianza tra il francese e il romagnolo e altri dialetti nord-italiani: tanto in francese come in romagnolo, ‘sale’ si dice sêl, ‘mare’ si dice mêr, ‘vino’ si dice qualcosa come /vẽn/, eccetera. Queste somiglianze come si spiegano?

(A proposito: chi conosce il francese dirà che ‘ospedale’ si dice hôpital, non hôtel. E allora mi dà l’occasione, un’altra volta, di parlarvi di queste parole che nella storia si sdoppiano e da una diventano due nella lingua moderna. Sono coppie di allotropi, per chi ama la terminologia linguistica).

La cultura popolare, come chiunque di noi ha sentito mille volte, parla di dialetti che ‘derivano dal francese’ o, per quelli meridionali, ‘dallo spagnolo’, e in effetti di dominazioni francesi o spagnole nella storia ne troviamo tante. Per la verità, alcune parole dei nostri dialetti derivano davvero da queste lingue (in sardo oltre il 20% delle parole è di origine iberica), ma non è il caso della parola di oggi, né di tantissime altre apparentemente somiglianti. Quando queste analogie sono regolari, cioè compaiono sistematicamente in intere classi di parole, si deve sospettare un’evoluzione parallela delle due lingue e non un trasferimento di parole da una lingua all’altra (questi trasferimenti ‘occasionali’ invece si chiamano prestiti). E allora, come mai romagnolo e francese hanno avuto un’evoluzione simile, anche se indipendente, dal francese?

Si sa dallo studio della storia che la Pianura Padana, così come la Francia, era popolata da Galli, che come dice Cesare nel De Bello Gallico chiamavano se stessi ‘Celti’, i quali parlavano una loro lingua che enfatizzava molto le sillabe accentate ‘trascurando’ quelle senza accento; e poi tendevano in certe sillabe a pronunciare la /a/ come fosse una /è/. Queste tendenze sono state trasferite nel latino portato dai conquistatori, che ai Galli conveniva imparare per integrarsi coi nuovi padroni; e questo è avvenuto tanto nella Gallia Transalpina (cioè la Francia, soprattutto quella del nord) quanto in quella Cisalpina, che è essenzialmente l’attuale Pianura Padana.

Le lingue sono degli strumenti che si usurano, per così dire, e che continuamente si rinnovano in reazione ai cambiamenti che subiscono e ai cambiamenti della società che le usa: questi mutamenti, specialmente quelli fonetici, cioè della pronuncia delle parole, il loro ordine di successione e l’epoca in cui si verificano sono di enorme interesse per i glottologi, e anche per gli storici, perché sono in grado di dirci moltissimo sui movimenti dei popoli. Non di rado càpita che queste caratteristiche della lingua, arrivate fino a noi, siano l’unica testimonianza che abbiamo di migrazioni di popoli, a volte insieme all’archeologia e alla genetica: la lingua, in tutto il suo caleidoscopio di differenze, è dunque uno dei patrimoni culturali immateriali più importanti che abbiamo.

Parola pubblicata il 03 Novembre 2025

Dialetti e lingue d'Italia - con Carlo Zoli

L'italiano è solo una delle lingue d'Italia. Con Carlo Zoli, ingegnere informatico che ha dedicato la vita alla documentazione e alla salvaguardia di dialetti e lingue minoritarie, a settimane alterne esploriamo una parola di questo patrimonio fantasmagorico e vasto.