Scala
scà-la
Significato Struttura fissa o mobile formata da gradini; successione di elementi o valori disposti secondo un ordine di grandezza, intensità, altezza; in cartografia e in geometria, rapporto fra la misura della rappresentazione grafica e le corrispondenti misure reali; proporzione. In musica: struttura di suoni ordinati in sequenza, definita secondo uno schema variabile.
Etimologia dal latino scala ‘gradinata, gradino’, connesso con scàndere ‘salire’.
Parola pubblicata il 14 Marzo 2021
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Dalla scala concreta, oggetto o elemento architettonico che con gradini di varia forma permette di superare un dislivello, traiamo diversi usi figurati: parliamo di scale riferendoci ai rapporti delle rappresentazioni grafiche che commisurano il dislivello di grandezza con ciò che rappresentano, e parliamo quindi di vasta scala; ma soprattutto vi ricorriamo in ogni ambito in cui si possa applicare il concetto di gradualità: scale di valori, colori, grandezze, temperature, durezze, fino alla nostra scala musicale.
Già Guido d’Arezzo aveva realizzato una ‘scala musicale’, trascrivendo per esteso le litterae della notazione più arcaica (ancora oggi in uso nel mondo anglosassone: A, B, C, D, E, F, G corrispondenti ai nostri: La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol), combinate con le sue syllabae disposte all’interno degli esacordi (Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La). Questo metodo didattico fu chiamato solmisazione, di cui ho parlato nella parola solfeggio. La mano e la scala di Guido rappresentavano lo stesso schema, solo in forme grafiche diverse. Da allora, per secoli, nei trattati comparvero scale musicali, riproposte in tutte le fogge, come questa di Henricus Helene (XIV secolo):
Così recitano i versi stampati nella Scala di musica di Orazio Scaletta (1585), sotto una raffigurazione della mano di Guido d’Arezzo, ideata oltre cinque secoli prima.
Ma la musica cambiò. La polifonia aveva gettato i semi dai quali germinò la tonalità. Il concetto di scala, anche se in forma semplificata, si adattò alle necessità del nuovo linguaggio, rimanendo un caposaldo per lo studio della musica.
Come ho enunciato nel significato della parola, stiamo parlando di una sequenza di note ordinate in senso ascendente o discendente. Questa definizione, sebbene sia completa, rimane arida se non se ne comprende l’utilità. Infatti, si tratta di una successione abbastanza lunga che definisce inequivocabilmente la tonalità e il modo, in genere nell’ambito di un’ottava, per esempio da un Do basso a un Do alto. Convenzionalmente, l’ottava si divide in dodici parti uguali, dette semitoni; una scala composta interamente da una sequenza di semitoni si chiama cromatica.
Questo è l’audio della scala cromatica:
Questo è l’audio in Do maggiore:
e questo in Re maggiore:
Col tempo, sono state inventate nuove scale, anche fuori dal sistema tonale, soprattutto dall’Ottocento in poi. Una di quelle più famose in Italia fu la ‘scala enigmatica’ di Adolfo Crescentini, sulla quale Giuseppe Verdi compose una celebre Ave Maria.
Naturalmente, ogni cultura e ogni epoca ha sviluppato scale musicali proprie. Ma, a differenza delle lingue parlate, l’idioma musicale è trasversale. Per esempio la scala pentatonica, tipica della tradizione orientale e sudamericana, è stata abilmente utilizzata fuori dal suo contesto originario anche in Occidente. In questo esperimento il cantante americano Bobby McFerrin interagisce col pubblico facendolo cantare proprio su una scala pentatonica, con effetti sorprendenti. Invece questi sono esercizi pianistici di scale e arpeggi.
Potremmo inoltre parlare delle scale della musica etnica, oppure delle ‘scale armonizzate’… ma non era previsto nella scaletta.