Scarpinare

scar-pi-nà-re (io scar-pì-no)

Significato Camminare a lungo e con fatica

Etimologia derivato di scarpa, che è dall’ipotetica voce germanica skarpa ‘tasca di pelle’.

Porta un significato ricco di sfumature, ma prima di guardarle da vicino balzano all’occhio alcune curiosità.

Il suffisso è strano. Certo ‘scarpinare’ è un derivato di scarpa (peraltro uno dei termini più antichi attestati in quello che era un italiano ancora tutto da formare: si parla di documenti salernitani precedenti al Mille), ma considerando quel segmento ‘-inare’, composito, sembra che su ‘scarpa’ si installino contemporaneamente due suffissi - visto che non dovrebbe trattarsi di un derivato verbale di ‘scarpina’. Una possibilità interessante, segnalata da De Mauro, è che quel ‘-inare’ sia stato mutuato per analogia da altri verbi che lo hanno maturato per autonome vicissitudini etimologiche, facendo l’esempio di ‘assassinare’. È anche dibattuta l’origine geografica, c’è chi la vuole romana, chi settentrionale; quale che sia la verità, lo scarpinare compare in italiano nel Cinquecento, in pieno Rinascimento.

È un camminare a lungo, con fatica, e tendenzialmente anche svelto. Il riferimento alla scarpa sposta con intelligenza quasi ironica l’oggetto dal passo, dal piede, dalla fatica, rendendo protagonista la calzatura. Spesso s’intende che il terreno della scarpinata sia accidentato: eh guarda, per arrivare in vetta da qui c’è da scarpinare, meglio passare dall’altro versante; per raggiungere la caletta nascosta devi scarpinare, ma poi sei solo e in pace; e non sperare che per raggiungere il borgo la via sia facile, preparati a scarpinare. Ma si può scarpinare anche da turisti nel centro della città d’arte tutt’altro che impervia, si può scarpinare anche nel dedalo di uffici di un palazzo, con ascensori e piani labirintici. Basta dar lavoro alle scarpe in maniera speciale.

Ma si può cogliere una sfumatura in più, che la nostra letteratura conosce. La sveltezza dello scarpinare è determinata dal suo essere concentrato, intento: non si fa una scarpinata vagando con le mani in tasca fischiettando. Vuole una meta e la vuole raggiungere rapidamente, ha una tabella di marcia da rispettare, da spingere. Così lo scarpinare, pur con la presenza sensibile delle sue scarpe che battono il terreno, si fa fugace, e diventa uno scorrere, un trascorrere, un passare - anche e soprattutto figurato: ripenso alle occasioni che mi hanno scarpinato davanti, mi scarpinano in cuore sentimenti contrastati, e con tutto questo scarpinare di idee, non una che risolva il problema. Lo scarpinare calca, ma non resta.

(Poi si potrebbe anche aggiungere, come fanno certi dizionari, che lo scarpinare può essere affaticato e diventare un arrancare, ma specificare che il camminare con fatica può essere faticoso non mi sembra un colpo di scena.)

Parola pubblicata il 11 Marzo 2019