Etimologia participio passato senza suffisso del verbo stufare, dal greco tupho affumicare, bruciare lentamente, attraverso l’ipotetica forma latina extufare.
Una parola consueta, dal significato vivace, che nasce dal vigoroso lessico culinario.
Stufare significa propriamente cuocere a lungo e a fuoco lento - e si dice stufato la pietanza cucinata a questa maniera. Ora, si tratta di una procedura macchinosa, che prende parecchio tempo, in cui il cibo sobbolle per ore; e perciò suscita un nesso con la noia e la stanchezza. Chi mai ha il tempo e lo spirito per fare lo stufato? Che cosa si prova, alla quarta ora in compagnia della pentola? Così stufare passa anche a significare ‘stancare’, privare di ogni voglia - potendo immedesimarsi sia col cuoco quanto con la pietanza. E ‘stufo’ non è che una variante del participio passato di questo verbo (‘stufato’), che con la sua incisività - essendo privo di suffisso - si è emancipato dalla cucina, vivendo solo nel suddetto significato figurato. Quindi posso essere stufo dei soliti capricci della nipote, stufo della vita quotidiana posso decidere di cambiare lavoro, e addio, son stufo di te.
La meraviglia di questa parola sta nella sua concretezza - lontana dalle inquietudini dell’indolenza, dall’intellettualità del tedio e dall’ineffabilità del languore: si collega a un momento di vita, ad una pratica della cultura tradizionale, e ci mostra quanto questa, per la lingua, sia un terreno fertile e solido; e ci ricorda che la cultura è un serto inestricabile di ambiti diversi - che alla biblioteca si arriva anche passando per la cucina.
Una parola consueta, dal significato vivace, che nasce dal vigoroso lessico culinario.
Stufare significa propriamente cuocere a lungo e a fuoco lento - e si dice stufato la pietanza cucinata a questa maniera. Ora, si tratta di una procedura macchinosa, che prende parecchio tempo, in cui il cibo sobbolle per ore; e perciò suscita un nesso con la noia e la stanchezza. Chi mai ha il tempo e lo spirito per fare lo stufato? Che cosa si prova, alla quarta ora in compagnia della pentola? Così stufare passa anche a significare ‘stancare’, privare di ogni voglia - potendo immedesimarsi sia col cuoco quanto con la pietanza. E ‘stufo’ non è che una variante del participio passato di questo verbo (‘stufato’), che con la sua incisività - essendo privo di suffisso - si è emancipato dalla cucina, vivendo solo nel suddetto significato figurato. Quindi posso essere stufo dei soliti capricci della nipote, stufo della vita quotidiana posso decidere di cambiare lavoro, e addio, son stufo di te.
La meraviglia di questa parola sta nella sua concretezza - lontana dalle inquietudini dell’indolenza, dall’intellettualità del tedio e dall’ineffabilità del languore: si collega a un momento di vita, ad una pratica della cultura tradizionale, e ci mostra quanto questa, per la lingua, sia un terreno fertile e solido; e ci ricorda che la cultura è un serto inestricabile di ambiti diversi - che alla biblioteca si arriva anche passando per la cucina.