Tizio
tì-zio
Significato Persona che non si identifica, a cui non si dà grande importanza; persona indeterminata
Etimologia dal nome proprio latino Titius.
Parola pubblicata il 17 Luglio 2024
tì-zio
Significato Persona che non si identifica, a cui non si dà grande importanza; persona indeterminata
Etimologia dal nome proprio latino Titius.
Parola pubblicata il 17 Luglio 2024
L’uso è potente, più di quanto paia nella spontaneità dei nostri discorsi: il vestigio di un nome proprio diffuso e noto, usato per indicare una persona indefinita — che non è sufficientemente importante per noi da dover essere meglio distinta, o che non siamo in grado di nominare. Frapporre lo schermo di questo nome ha degli effetti sottili, da notare. Facciamo qualche esempio?
Se dico «fuori c’è qualcuno che ti cerca», la situazione è priva di contorni. Questo ‘qualcuno’ non ci dà mezza informazione, né nel bene né nel male — lacuna della più variegata ignoranza o reticenza. Magari è un corriere, magari è tornata dall’Islanda la tua bella, magari è il micio randagio che però viene sempre a cena da te, magari boh, è una persona che non abbiamo inquadrato.
Se invece dico «fuori c’è un tizio che ti cerca», anche se l’identità della persona resta ignota, sto già dando diverse sfumature articolate.
È una persona, che in maniera provvisoria viene nominata: non è un’entità completamente indeterminata. Inoltre, facilmente questo modo di considerarla sarà spregiativo: è una persona che non tengo in gran conto. Infatti alla cena all’ambasciata (anche riparlandone nei giorni successivi) tenderemo a non concepire come ‘tizi’ e ‘tizie’ le persone che non conosciamo — mentre fuori dal bar sotto casa la strada pullula di tizi e tizie.
Se dico che al concerto, accanto a noi, si siede una tizia, sto intendendo qualcosa: se dicessi che accanto a noi si è seduto qualcuno, chi mi ascolta attenderebbe un’integrazione — messa così l’informazione può solo vertere sul fatto che il sedile è occupato. Se invece, come dicevamo, è una tizia, adombro già che si tratta di una persona indecifrabile o almeno indecifrata, che non ho trovato interessante in sé e che non ho intenzione di impegnarmi a identificare — la contemplo solo per riferire un comportamento, un tratto o simili. Magari la tizia in questione è stata al telefono tutto il tempo, magari la tizia aveva lo zaino che desidero tanto — non diremo facilmente, in un caso del genere, che una persona è stata al telefono, che qualcuno aveva quello zaino. L’effetto è quello della maschera: creare un personaggio che la storia lì non si diffonde a presentare, e che però in qualche modo agisce. A ben vedere è proprio così che nasce il tizio.
Infatti si tratta di una trovata del lessico giuridico. Nella tarda antichità, un periodo di riflessioni giuridiche fondamentali — quelle che ad esempio avrebbero sunteggiato tredici secoli di esperienza giuridica nel Corpus di Giustiniano, ancora oggi una pietra angolare del diritto — entrò in uso il nome di Titius, nome latino comune, per indicare in maniera univoca una persona negli esempi giuridici, accompagnato da Caius e Sempronius. C’è chi riporta che la consacrazione del terzetto nel medioevo sia dovuta all’uso che ne fa Irnerio, lucerna iuris, fra i primi e più famosi giuristi dell’Università di Bologna.
Tratteggio un caso che rende trasparente l’utilità di uno strumento del genere.
Una persona fa testamento nominando un erede, ma il testamento olografo è occultato da una terza persona che in caso di successione intestata (cioè in assenza di testamento) avrebbe diritto a una parte di eredità; così l’erede testamentario denuncia quest’ultima. Il risultato è una trama poco incisiva, le posizioni giuridiche coinvolte restano volatili, e se continuassimo a raccontare e discettare sarebbe facile perdere il filo. Se invece dico che Tizio nomina Caio erede, e che Sempronio occulta il testamento, e che quindi Caio denuncia Sempronio, ecco che la chiarezza ne giova. Se poi le cose si complicano ulteriormente, in tempi meno remoti, anzi diciamo pure recenti, il terzetto ha potuto contare sul rinforzo di un secondo terzetto — Mevio, Filano e Calpurnio. Certo che però ‘Tizio, Caio e Sempronio’ messi insieme (e con la maiuscola) prendono anche il profilo di un ‘chiunque’ che sa di ‘tutti’, sempre senza grande rilevanza personale — quasi un ‘primo che passa’: se non ti svelo il segreto perché so che lo vai a dire a Tizio, Caio e Sempronio, rappresento la tua falla in maniera icastica, con personaggi un passo meno che anonimi, ma con un percepibile tono di svilimento anche delle persone a cui andresti a spifferare tutto.
Peraltro, in questa veste, lingue diverse hanno i loro personaggi omologhi — Fulano, Beltrano e Sicrano in portoghese, Pierre, Paul e Jacques in francese. Ma da noi il capitano indiscusso resta sempre il primo, Tizio, così citato nel suo essere personaggio qualunque in una vicenda astratta, che è riuscito a diventare... un tizio.