Trallallero
tral-lal-lé-ro
Significato Canto popolare polifonico tipico di Genova; testo fittizio per canticchiare
Etimologia dal ritornello trallallero, sequenza sillabica che imita la dizione di un testo indefinito.
Parola pubblicata il 12 Maggio 2024
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
La parola trallallero è formata dalle sillabe tra-la-la. Questa sequenza nonsense somiglia molto – sia dal punto di vista fonico che semantico – alle sezioni di molti Balletti a cinque voci composti nel 1591 da Giovanni Giacomo Gastoldi: fa-la-la, oppure la-la-la, o lirum-lirum.
Termini come trallallero comunicano uno stato d’animo leggero, gioioso, baldanzoso… pensiamo al lallarallà del Figaro rossiniano, factotum della città, o al trallallà sbandierato da Oscar nel Ballo in maschera di Verdi del 1859.
Proprio nell’Ottocento crebbe l’interesse verso la cultura musicale popolare, innescato dagli ideali del Romanticismo. Il filosofo Johann Gottfried Herder era convinto che l’anima di un popolo (Volk) venisse compresa più facilmente attraverso i suoi canti. Fu lui a inventare la parola Volkslied, accendendo in tutta Europa l’interesse verso questo repertorio, fomentando la verve ispirativa della cultura accademica nei confronti della musica popolare. Tra l’altro, il termine inglese folklore fu coniato nel 1846 da William John Thomps, che unì le parole folk e lore (conoscenza), da cui deriva folclore nella lingua italiana.
Nel Novecento, nuove tecnologie sonore, per l’epoca avveniristiche, diedero rinnovato slancio alla ricerca di canti, strumenti e tradizioni musicali popolari. Mete di tali ricerche erano gli entroterra contadini, i villaggi di montagna, i borghi di pescatori o le isole. I due grandi compositori ed etnomusicologi Béla Bartók e Zoltán Kodály, con spirito pionieristico, raccolsero innumerevoli melodie dell’Europa sudorientale. Grazie ad apparecchiature per noi primordiali, come i fonografi e i registratori di allora, un vasto materiale sonoro e audiovisivo fu acquisito con un’accuratezza impensabile nelle epoche precedenti.
Anche l’Italia, appena uscita dall’ultimo conflitto mondiale, venne perlustrata da musicisti, antropologi ed etnomusicologi, che fissarono su nastro una piccola ma importante parte delle tradizioni musicali dello Stivale.
I canti popolari collettivi hanno funzione di intrattenimento e si modellano secondo uno stile peculiare del gruppo sociale che li produce. Spesso, soprattutto in passato, erano eseguiti da cori prevalentemente maschili, poiché molte attività lavorative – pensiamo a marinai, militari o minatori – erano svolte da uomini. Erano maschi anche i ‘canterini’ del trallallero, che lavoravano al porto e si dedicavano a questo elaborato tipo di polifonia popolare, rappresentativa del folclore genovese.
Le voci dei canterini formano un gruppo, detto ‘squadra’, e sono cinque: un tenore che inizia il canto (primu), un contralto (cuntrètu), i baritoni (divisi in chitarra, che imita lo strumento, e cuntrabassu) e i bassi.
Qualcuno ha proposto con fantasia che la genesi del trallallero sia da ricercare nel Vicino Oriente, portato dai marinai genovesi insieme alle merci caricate in stiva, mentre altri hanno intravisto una filiazione dalle antiche polifonie colte. Sicuramente altri preziosi canti popolari italiani, come quello a tenores della Sardegna e il bei toscano, possono essere considerati imparentati al trallallero genovese.
A metà degli anni Cinquanta l’etnomusicologo Alan Lomax registrò le squadre di cantori riunite al Ritrovo facchini e al Bar Tugni di Genova e scrisse: «finalmente, nel porto di Genova è arrivata per me quella che è stata l’emozione più grande di tutto il viaggio. Il sindacato degli scaricatori di porto ci ha permesso di registrare i trallalleri. Sono rimasto letteralmente stupefatto. Ecco un contrappunto improvvisato a più parti, così complesso come qualsiasi cosa in musica, eppure realizzato con tanta facilità da questi personaggi ruvidi e duri nel loro bar intriso di vino, lungo i pontili di Genova. Quella stessa freschezza che aveva il suono dello spiritual per gli afroamericani nelle mie chiese del Sud».