Baritonale
Le parole della musica
ba-ri-to-nà-le
Significato Aggettivo che qualifica una voce tendente al grave, intermedia tra tenore e basso
Etimologia dal greco barýtonos, che significa ‘dal suono grave’, composto da barýs grave, profondo, e tonos suono.
- «Ha una bella voce calda, dal timbro baritonale.»
Parola pubblicata il 20 Agosto 2023
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Alcune parole, non proprio d’uso quotidiano, sono composte nella prima parte da bari- o baro-. Ad esempio, sia il termine barometro, coniato dall’irlandese Robert Boyle nel 1665, sia l’unità di misura della pressione atmosferica, il bar, derivano dal greco barýs: grave. Il bar dove si sorseggia il caffè si fa risalire invece a un’altra etimologia: deriva dall’inglese medievale, a sua volta dal francese barre d’origine incerta, e indica la sbarra, la tavola interposta tra venditore e clienti.
E le ‘parole baritone’? Soggiacciono al fenomeno della baritonesi che, come recita il De Mauro, è «caratteristico degli antichi dialetti greci, presente anche in altre lingue, consistente nell’arretramento dell’accento tonico verso l’inizio della parola». È per la cosiddetta legge della baritonesi che nelle parole latine l’accento non cade mai sull’ultima sillaba (se non sono monosillabi, ovviamente).
E veniamo al baritono in musica. Alla fine del Quattrocento il compositore e teorico lodigiano Franchino Gaffurio impiegò per la prima volta la forma baritonans per indicare una parte sottostante a quella del tenore, forma adottata anche da altri teorici e musicisti, soprattutto tedeschi, che si distinsero coniando perfino il termine Barryphanus.… no, no, il barrito dell’elefante non c’entra nulla!
Inizialmente, nomenclature come soprano, alto, tenore, baritono (abbastanza rara, però) e basso, erano riferite alle parti di una composizione polifonica, distribuite su diverse altezze: il soprano (ma allora si scriveva piuttosto superius, canto o altro ancora) svettava su tutte le altre; l’alto era più acuto rispetto al tenore; il baritono era più grave del tenore e, per finire, il basso costituiva le fondamenta della costruzione polivoca.
Con la decadenza della polifonia e l’avvento del canto solistico, con lo sviluppo del teatro e del melodramma, tale nomenclatura si estese metonimicamente per indicare la voce o lo strumento che eseguiva quella parte. Il musicologo Owen Jander affermò che nel 1627 Monteverdi scrisse, a proposito di un cantante, che era un baritono e non un basso, proprio come si direbbe adesso.
Oggi il termine tenore è comunemente riferito alla voce maschile più acuta, baritono a quella intermedia e basso alla più grave, ma un cantore del Rinascimento che avesse sostenuto una pars di tenore in un madrigale polifonico, avrebbe cantato su una tessitura maschile centrale, più o meno affine a quella dell’attuale baritono.
Elementi caratteristici del suono prodotto da voci e strumenti sono il timbro e l’estensione. Il primo ci permette di riconoscere lo squillo della porta di casa da quello del citofono, oppure la voce di Anna da quella di Maria. L’estensione si riferisce invece alle altezze frequentate da voci o strumenti, come quelle in cui si muove il sax baritono, che copre un’ampia gamma di suoni, dal registro grave fino al medio-acuto.
La voce del baritono ha un timbro piuttosto scuro e anche per questo nelle compagini corali canta nella stessa sezione dei bassi. Nell’opera lirica ricopre i ruoli più disparati, a seconda della penna del compositore. A volte incarna lo scaltro Figaro del Barbiere di Siviglia rossiniano o, come nel caso di Verdi, è il protagonista di alcune famosissime opere — Nabucco, Rigoletto, Simon Boccanegra e Falstaff — spodestando il tenore dal ruolo maschile principale. Nella Cavalleria rusticana di Mascagni Alfio, marito tradito e assassino, è interpretato dal baritono.
Baritoni famosi? Mattia Battistini, Titta Ruffo e tanti, tanti altri. Ma una voce baritonale è calda, morbida, avvolgente, anche se non canta. È quella del classico seduttore, che può coincidere con quella che descrive l’irresistibile prodotto nello spot pubblicitario, oppure quella del narratore che commenta il meraviglioso documentario sulla natura; in tutti i casi risulta suadente e rassicurante. Diversi studi hanno infatti rivelato che il timbro baritonale, unito a una dizione fluida e moderatamente lenta, è in assoluto il più persuasivo.