Arancia
a-ràn-cia
Significato Frutto dell’albero ‘Citrus sinensis’
Etimologia attraverso lo spagnolo naranja, dall’arabo nāranj che significa ‘arancia amara’, dal persiano nāranğ forse col significato di ‘frutta preferita degli elefanti’, probabilmente di origine sanscrita.
Parola pubblicata il 18 Giugno 2021
Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini
Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.
Oggi partiremo a dorso d’elefante dai lussureggianti giardini d’oriente, faremo tappa in Sicilia, costeggeremo le rocciose coste lusitane e arriveremo in bicicletta tra i canali di Amsterdam. Non male come viaggio, in tempi di pandemia!
L’arancia è un agrume profumatissimo e dal colore solare. Nasce dall’albero del Citrus sinensis, letteralmente ‘limone cinese’: le infiorescenze di zagara che compaiono nel cuore più dolce della primavera attirano golosi insetti impollinatori che aiuteranno l’albero d’arancio a produrre succose sfere di tante varietà.
Ci sono diverse teorie sull’ingresso dell’arancio nel Mediterraneo: si dice che gli antichi romani, dopo averlo importato dall’Oriente via terra, iniziarono a coltivarlo in Sicilia sotto il nome di malum aureum (mela dorata). Col passare dei secoli e degli imperi, la coltura delle arance in Trinacria si spense, perché si trattava della varietà di arancia amara, poco gradita al palato. Fu però riportata in auge dagli arabi, stuzzicati dall’effetto decorativo di questi alberi (gli arabi erano maniaci dei giardini!).
Altri ancora attribuiscono all’arancia un ingresso seriore in Europa, forse nel XVI secolo, grazie ai rapporti commerciali privilegiati che la nazione portoghese intratteneva con l’Asia per via del trattato di Tordesillas, stipulato nel 1494 tra castigliani e lusitani, secondo cui al Portogallo spettava il commercio con tutto l’emisfero a est del meridiano detto La Raya.
Tenendo conto di tutto ciò, possiamo fare riflessioni ancor più interessanti sul piano linguistico. Se apriamo il dizionario di arabo, alla voce arancia si hanno due traduzioni: l’arancia amara è nāranj, e i linguisti sembrano essere d’accordo sul fatto che provenga da una parola persiana che (forse per etimologia popolare) significa ‘cibo preferito degli elefanti’, ma l’arancia dolce è burtuqāl. Vi suona familiare? Già, la chiamano quasi ‘portogallo’. Quasi, perché in arabo Portogallo si dice Burtuġāl.
Con molta probabilità, ciò non vi risulterà strano: magari anche voi sarete abituati a chiamare l’arancia ‘portogallo’, visto che numerosi dialetti italiani contemplano diverse varianti sul tema, come portajall, purtcagli, purtuall… ma anche il greco, il rumeno e l’albanese hanno tutte parole affini per indicare l’agrume!
È lecito credere dunque che i romani abbiano introdotto dall’Oriente in Sicilia la coltivazione dell’arancia amara, chiamata successivamente nāranj dagli arabi. L’arancia dolce, invece, giunse in Europa grazie ai portoghesi, ai quali fu poi letteralmente dedicata in moltissimi idiomi.
E la casa reale olandese? C’entrano gli agrumi? In breve, no. La dinastia regnante dei Paesi Bassi non ha nulla a che fare con le arance, anche se, per assonanza, l’arancione è diventato il colore nazionale. La stirpe nacque nel Principato d’Orange, costituito nel 1163 da Federico Barbarossa in una contrada al confine tra Provenza e Linguadoca. La città d’Orange si chiama così perché il nome latino era Aurasium e, nel tempo, fu modificato nella parlata locale fino a diventare Arenjo in provenzale e Orange in francese.
Un delizioso frutto giunto dal lontano Catai, noto ai romani e agli arabi, reso famoso dai portoghesi, simbolo della Sicilia, il cui colore, per puro caso, è stendardo di un’intera nazione… E tutto nasce dagli zampini delle api ronzanti che van facendo golose scorpacciate di polline nei calici aperti delle zagare in fiore.