SignificatoGran tribunale ateniese; gruppo di persone illustri
Etimologia attraverso il latino Aeropagus, dal greco Áreios págos, cioè ‘Colle di Ares’, ovvero il luogo dove si trovava il tribunale.
C’è un luogo, a metà strada tra l’Acropoli di Atene e l’antica agorà, un declivio dal terreno roccioso ma ornato dalle chiome verdeggianti di cipressi e altri folti alberi su cui si ergono delle rovine famose, visitate da frotte di turisti di tutti i paesi. Da lì la città di Atene è visibile nella sua disomogeneità architettonica. È l’areopago, un luogo importante per la città a cui attribuiamo l’invenzione della democrazia.
Nell’Atene dell’epoca arcaica, più o meno dopo il periodo monarchico, a metà del VII secolo a.C., si instaurò un regime aristocratico, di cui l’areopago era una magistratura: legato a doppio filo all’arcontato, collegio che governava la città, era infatti costituito da ex arconti i quali avevano la facoltà di nominarne di nuovi per l’arcontato. Controllava inoltre i magistrati, i costumi dei cittadini ed era il tribunale supremo per i reati più gravi.
Il prestigio e anche l’ambito di competenza dell’areopago furono limitati molto nell’epoca classica, specialmente da Pericle che, con la sua politica democratica, consentì l’accesso a certi organi di governo anche ai cittadini più in basso nella scala sociale. L’areopago declinò per ritrovare poi rinnovato vigore nell’era ellenistica.
Il suo nome, magniloquente, elegante, solenne come si conviene ad un collegio di magistrati, ha un’etimologia delle più lisce: deriva dal toponimo Áreios págos, cioè ‘Colle di Ares’. Non è chiaro se quella collina fosse così chiamata perché vi sorgeva un tempio dedicato al dio della guerra o perché secondo il mito vi fu giudicato Ares per l’uccisione di Alirrozio, mitico figlio di Posidone e della ninfa Eurite.
Quindi possiamo dire di essere stati in vacanza ad Atene e di aver fatto molte belle foto all’areopago, possiamo imbatterci in una citazione dal discorso dell’areopago di San Paolo, durante il quale l’apostolo operò la conversione di Dionigi l’areopagita. Ma c’è un ulteriore uso per questa parola, brillante, utile e affilato.
In un registro alto, infatti, l’areopago è il consesso di menti importanti, di persone illustri, l’alto consesso. Tantoché possiamo definire areopago l’incontro tra gente espertissima di pittura rococò, il gruppo di accademico pluripremiato e pluripubblicato, il manipolo di guru di una specifica tecnologia. Ma, come tutte le parole alte, essa si presta splendidamente al registro dell’ironia con un’efficacia scintillante: sarà allora un areopago anche l’accolita di vecchiette intente a dissezionare l’ultimo gossip del paese o un areopago di esperti allenatori gli avvinazzati commentatori della partita al bar, finita male per la squadra locale, areopago di alte menti criminali la banda di ladruncoli da quattro soldi acciuffati con le mani nel sacco.
C’è un luogo, a metà strada tra l’Acropoli di Atene e l’antica agorà, un declivio dal terreno roccioso ma ornato dalle chiome verdeggianti di cipressi e altri folti alberi su cui si ergono delle rovine famose, visitate da frotte di turisti di tutti i paesi. Da lì la città di Atene è visibile nella sua disomogeneità architettonica. È l’areopago, un luogo importante per la città a cui attribuiamo l’invenzione della democrazia.
Nell’Atene dell’epoca arcaica, più o meno dopo il periodo monarchico, a metà del VII secolo a.C., si instaurò un regime aristocratico, di cui l’areopago era una magistratura: legato a doppio filo all’arcontato, collegio che governava la città, era infatti costituito da ex arconti i quali avevano la facoltà di nominarne di nuovi per l’arcontato. Controllava inoltre i magistrati, i costumi dei cittadini ed era il tribunale supremo per i reati più gravi.
Il prestigio e anche l’ambito di competenza dell’areopago furono limitati molto nell’epoca classica, specialmente da Pericle che, con la sua politica democratica, consentì l’accesso a certi organi di governo anche ai cittadini più in basso nella scala sociale. L’areopago declinò per ritrovare poi rinnovato vigore nell’era ellenistica.
Il suo nome, magniloquente, elegante, solenne come si conviene ad un collegio di magistrati, ha un’etimologia delle più lisce: deriva dal toponimo Áreios págos, cioè ‘Colle di Ares’. Non è chiaro se quella collina fosse così chiamata perché vi sorgeva un tempio dedicato al dio della guerra o perché secondo il mito vi fu giudicato Ares per l’uccisione di Alirrozio, mitico figlio di Posidone e della ninfa Eurite.
Quindi possiamo dire di essere stati in vacanza ad Atene e di aver fatto molte belle foto all’areopago, possiamo imbatterci in una citazione dal discorso dell’areopago di San Paolo, durante il quale l’apostolo operò la conversione di Dionigi l’areopagita. Ma c’è un ulteriore uso per questa parola, brillante, utile e affilato.
In un registro alto, infatti, l’areopago è il consesso di menti importanti, di persone illustri, l’alto consesso. Tantoché possiamo definire areopago l’incontro tra gente espertissima di pittura rococò, il gruppo di accademico pluripremiato e pluripubblicato, il manipolo di guru di una specifica tecnologia. Ma, come tutte le parole alte, essa si presta splendidamente al registro dell’ironia con un’efficacia scintillante: sarà allora un areopago anche l’accolita di vecchiette intente a dissezionare l’ultimo gossip del paese o un areopago di esperti allenatori gli avvinazzati commentatori della partita al bar, finita male per la squadra locale, areopago di alte menti criminali la banda di ladruncoli da quattro soldi acciuffati con le mani nel sacco.