SignificatoSolo nell’espressione ‘alla carlona’, superficiale, trascurato, fatto in modo grossolano
Etimologia dall’antico francese Charlon, caso obliquo di Charles, riferito a Carlo Magno.
Parole di questo tipo custodiscono la squisita sorpresa dell’oggetto prezioso trovato al mercatino delle pulci. Sotto l’immediatezza di un uso colloquiale e di una sonorità espressiva, protette nel bozzolo di una locuzione cristallizzata, parole come questa testimoniano una continuità culturale ultramillenaria.
Qui non ci dobbiamo domandare chi sia la giunonica signora in questione, la Carlona. La carlona che troviamo nell’espressione ‘alla carlona’ è infatti la maniera di Carlone, e il Carlone in questione è addirittura Carlo Magno. Ma perché Carlone?
Non siamo davanti a un accrescitivo. Solo, la grammatica dell’antico francese conservava le declinazioni — in una veste più semplice rispetto a quelle latine, con soli due casi. Nel caso retto (più precisamente cas sujet, con le funzioni del nominativo) il nome del re era Charles, in quello obliquo (o cas régime, con tutte le altre funzioni logiche), Charlon. Ed è la sua eco che ci è qui giunta. Qui, Carlone in un affresco ariostesco di Julius Schnorr von Caroesfeld.
Ma la vera domanda è: perché il signore che ha conquistato l’ambito onor del rinnovato Impero dovrebbe ispirare il significato di una maniera raffazzonata, superficiale, senza cura? Non è un po’ irriverente, pur dopo dodici secoli?
Ebbene lo è, e guai a chi parla in questi termini dell’Imperatore.
Secondo la spiegazione tradizionale è stata la figura bonacciona che il re Carlone aveva preso nei tardi poemi cavallereschi, frugale e perfino goffa, ad aver plasmato la locuzione ‘alla carlona’. In alternativa, la maniera di re Carlone poteva essere intesa come maniera antica, e quindi più bruta e disattenta. Approdi più recenti però raccontano altro.
Questa locuzione appare per la prima volta in testi quattrocenteschi col significato di ‘in abbondanza’ — ed è più che probabile che sia questa la chiave della carlona. L’abbondanza è sbadata, trascurata senza risparmi, e se perde il tratto di larghezza resta solo la superficialità frettolosa e grossolana con cui è colorato il nostro ‘alla carlona’. Abbondanza leggendaria e proverbiale noncuranza alla corte di Carlone.
Così stendiamo una relazione obbligatoria un po’ alla carlona, per l’ennesima volta ripariamo la perdita del rubinetto alla carlona, e l’amministrazione organizza il festival alla carlona, prendendosi il merito del successo inatteso.
Parole di questo tipo custodiscono la squisita sorpresa dell’oggetto prezioso trovato al mercatino delle pulci. Sotto l’immediatezza di un uso colloquiale e di una sonorità espressiva, protette nel bozzolo di una locuzione cristallizzata, parole come questa testimoniano una continuità culturale ultramillenaria.
Qui non ci dobbiamo domandare chi sia la giunonica signora in questione, la Carlona. La carlona che troviamo nell’espressione ‘alla carlona’ è infatti la maniera di Carlone, e il Carlone in questione è addirittura Carlo Magno. Ma perché Carlone?
Non siamo davanti a un accrescitivo. Solo, la grammatica dell’antico francese conservava le declinazioni — in una veste più semplice rispetto a quelle latine, con soli due casi. Nel caso retto (più precisamente cas sujet, con le funzioni del nominativo) il nome del re era Charles, in quello obliquo (o cas régime, con tutte le altre funzioni logiche), Charlon. Ed è la sua eco che ci è qui giunta. Qui, Carlone in un affresco ariostesco di Julius Schnorr von Caroesfeld.
Ma la vera domanda è: perché il signore che ha conquistato l’ambito onor del rinnovato Impero dovrebbe ispirare il significato di una maniera raffazzonata, superficiale, senza cura? Non è un po’ irriverente, pur dopo dodici secoli?
Ebbene lo è, e guai a chi parla in questi termini dell’Imperatore.
Secondo la spiegazione tradizionale è stata la figura bonacciona che il re Carlone aveva preso nei tardi poemi cavallereschi, frugale e perfino goffa, ad aver plasmato la locuzione ‘alla carlona’. In alternativa, la maniera di re Carlone poteva essere intesa come maniera antica, e quindi più bruta e disattenta. Approdi più recenti però raccontano altro.
Questa locuzione appare per la prima volta in testi quattrocenteschi col significato di ‘in abbondanza’ — ed è più che probabile che sia questa la chiave della carlona. L’abbondanza è sbadata, trascurata senza risparmi, e se perde il tratto di larghezza resta solo la superficialità frettolosa e grossolana con cui è colorato il nostro ‘alla carlona’. Abbondanza leggendaria e proverbiale noncuranza alla corte di Carlone.
Così stendiamo una relazione obbligatoria un po’ alla carlona, per l’ennesima volta ripariamo la perdita del rubinetto alla carlona, e l’amministrazione organizza il festival alla carlona, prendendosi il merito del successo inatteso.