Filisteo

fi-li-stè-o

Significato Appartenente alla popolazione dei Filistei; persona chiusa e reazionaria, gretta, incolta

Etimologia dall’ebraico Pĕlishtīm, ‘popolo dei Filistei’, attraverso il greco Phylistiaioi e il latino Philistaei.

Se qualcuno vi dà del filisteo, sì, vi dovreste offendere. E no, non perché vi sta dicendo che siete dei giganti che si fanno battere con una sassata in testa da dei pivellini alti un soldo di cacio, per quanto il gigante biblico Golia fosse il campione dei Filistei. In realtà vi sta dando della persona gretta, incolta, poco propensa all’apertura verso il nuovo, dalle idee retrograde e conformiste.

Ma in che modo si è passati dal nome di questo popolo, di cui tanto è narrato nella Bibbia, a questo significato così peggiorativo per chi se lo vede appiccicare addosso? Ebbene, nonostante la via etimologica ci porti dritti all’ebraico, attraversando il latino e il greco, il percorso semantico è ben più sorprendente e passerà per i corridoi dell’università di Jena, in Germania. Ma andiamo con ordine.

In primis parliamo del popolo dei Filistei: furono una civiltà indoeuropea che abitò tra il 1200 e l’800 a.C. il territorio compreso all’incirca tra l’attuale Striscia di Ghaza e la città di Tel Aviv. Gli scontri tra il popolo Ebraico e i Filistei sono narrati nella Bibbia: si trova nel primo libro di Samuele, infatti, il racconto di come il giovane pastore e futuro re Davide abbatté il gigante filisteo “alto sei cubiti e un palmo” di nome Golia. Nella Bibbia Davide, dopo aver avuto il permesso dal re Saul di scendere in campo, sconfigge il gigante grazie ad una sassata in testa e alla fede inoppugnabile nell’aiuto di Dio, l’arma che più di qualsiasi altra si è rivelata fatale.

Dal popolo dei Filistei nasce poi il toponimo Palestina, usato nei secoli per indicare il territorio compreso a grandi linee tra la Penisola del Sinai, il Mar Mediterraneo, le sponde del fiume Giordano e le alture del Golan.

Si arriva fino all’anno 1693, all’università di Jena, città della Turingia, nel centro della Germania. È con una certa probabilità qui che l’omologo tedesco del termine ‘filisteo’ assunse compiutamente il suo secondo significato. Il filologo tedesco Friedrich Kluge, vissuto nel XIX secolo, scrisse un volume intero sui linguaggi studenteschi tedeschi, in cui si può leggere dell’origine di questo salto semantico. Una materia tanto precisa e settoriale come argomento di un intero libro non deve sorprendere, visto che, nei secoli passati, sin dal medioevo, da quando i clerici vagantes arrancavano in giro per l’Europa per completare la peregrinatio academica, gli studenti hanno sempre costituito una branca a parte della società, quasi una specie peculiare, una categoria con dei propri usi, tradizioni, linguaggi e codici comportamentali (vi dice niente la goliardia?). Che cosa avvenne, dunque?

A Jena, davanti alla Porta Lobedaer, in una locanda chiamata all’Angelo Giallo, ci fu una violenta lite tra studenti e cittadini comuni. Un universitario restò ucciso nella rissa. Questo fatto delittuoso spinse il sovrintendente ecclesiastico Georg Heinrich Götz a prodursi in un sermone tonante, la domenica successiva, in cui citò il Libro dei Giudici e l’episodio di Sansone che, ingannato e accecato, uccide i Filistei sacrificandosi e facendo crollare il palazzo con la sua forza poderosa: “Muoia Sansone con tutti i Filistei!” Gli studenti presero ispirazione da tale sermone e videro nell’episodio biblico menzionato dal sovrintendente un parallelismo tra essi stessi, degli Israeliti, e quindi degli eletti, e i comuni cittadini di Jena, una massa informe di Filistei incolti, senza educazione, senza istruzione, senza finesse d’ésprit. Da Jena, poi, l’appellativo ‘filisteo’ per il borghesuccio gretto, di mentalità chiusa e anti-intellettuale si espanse in tutte le università tedesche e oltre.

Se vi state chiedendo perché all’Angelo Giallo scoppiò quella fatidica rissa, le fonti non lo spiegano. Si limitano a riferire che ‘a Jena, al tempo, azzuffarsi era all’ordine del giorno’. Succinto ma molto chiaro.

Parola pubblicata il 28 Febbraio 2020

Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini

Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.