Foriero

Si colloca in quel registro che è abbastanza alto da dare subito un’impressione di ricercatezza ma non così tanto da sconfinare nell’astruso. È un termine rinascimentale, ma a testimonianza di quanto siano mobili le sorti delle parole, possiamo notare che oggi è molto più corrente di quanto non fosse nella prima metà del Novecento.

Si dice ‘foriero’ chi precede o annuncia qualcosa o qualcuno — ma è un significato che nasce in una maniera davvero sorprendente. Nei secoli passati, quando gli spostamenti di eserciti e corti erano parecchio più complessi di oggi, il foriero (letteralmente ‘foraggiatore’) era la persona incaricata di precederne l’arrivo e procurare alloggi e vettovaglie per gente e cavalli. Un ruolo logistico estremamente importante — che ci chiede un po’ di immaginazione per essere compreso bene.

Al villaggio, trafelato per la lunga cavalcata, giunge un uomo. Che segni porta? Che cosa annuncia? Subito ci si raduna per cercare di capire che cosa vuol dire il suo arrivo, che cosa chiede. Sta arrivando un esercito e si rischia che una masnada di ubriachi violenti stasera sia qui? Sta arrivando un corteo di gran signori da cui sperare una mancia o un beneficio? È un pericolo o un’opportunità? Ecco, è questo il senso in cui il foriero precede, il senso in cui annuncia, fa presagire, quasi porta: egli con la sua presenza è antesignano, significa qualcosa.

Parliamo (anche se non è un tema molto attuale) di nuvoloni forieri di tempesta; parliamo dei boccioli di croco forieri della primavera; parliamo di un atteggiamento eccessivamente critico che è foriero di divisioni; parliamo di un’aspettativa pretenziosa che è foriera di disprezzo e amarezza; parliamo di una nuova collaborazione foriera di opere e risultati che destano meraviglia.

Annuncia, ma non con preveggenza profetica, né da lontano con presagio sottile: il foriero è parte di un’avanguardia, evidente, promettente. In un certo senso, il foriero è già ciò che annuncia.