Mancia
màn-cia
Significato Denaro che si dà a chi ci ha reso un servizio, in aggiunta al compenso dovuto; gratifica, dono
Etimologia dall’antico francese manche ‘manica’.
Parola pubblicata il 22 Luglio 2016
màn-cia
Significato Denaro che si dà a chi ci ha reso un servizio, in aggiunta al compenso dovuto; gratifica, dono
Etimologia dall’antico francese manche ‘manica’.
Parola pubblicata il 22 Luglio 2016
Ancora una volta ci rendiamo conto che la quotidianità di una parola affonda in un passato cavalleresco.
Va premesso che qualche secolo fa i vestiti avevano alcuni caratteri piuttosto diversi da quelli odierni; fra questi caratteri c’era una più marcata componibilità: ad esempio le maniche potevano spesso essere staccate dal resto dell’abito. Da questo vezzo (non privo di utilità pragmatiche) nasceva un’usanza particolare: durante la gara le dame facevano in dono ai loro cavalieri o al vincitore una delle loro maniche (l’immaginazione sospirante corre al pegno d’amore). Così la mancia diventa il riconoscimento simbolico, ciò che è dato senza che sia dovuto - e modernamente ciò che si dà in aggiunta a quanto dovuto. E quindi lasciamo la mancia al cameriere così accomodante, lasciamo il resto di mancia alla barista che ci ha fatto attaccare bottone con l’avventrice delle nostre mire, il datore di lavoro dà una generosa mancia natalizia ai dipendenti. Anticamente, la mancia descriveva addirittura il dono in genere: dal ritorno del viaggio, porto ricche mance ad amici e familiari.
Aggiungiamo che tanto poderosa era la presa ideale dell’oggetto-manica nei tornei cavallereschi da essere scaturigine anche del termine ‘manche’, col significato di turno, di ciascuna delle prove in cui una gara è suddivisa. Ciò perché dopo un primo confronto usava esserci una rivincita - cosicché i turni diventavano due, come due sono le maniche.
Infine, la mancia-dono c’entra qualcosa con la regione spagnola omonima, La Mancia (o meglio, La Mancha), patria di Don Chisciotte? No. Questo nome è un adattamento dall’arabo Al-Mansha, cioè ‘la terra secca’. E in effetti La Mancia non è proprio una foresta pluviale - ma che vino!