Guardare
guar-dà-re (io guàr-do)
Significato Rivolgere lo sguardo, considerare, controllare, preservare
Etimologia dalla voce germanica ricostruita come wardōn ‘osservare’.
Parola pubblicata il 09 Ottobre 2023
Italo Calvino, le parole - con Lucia Masetti
Il 15 ottobre 2023 si celebrano i cento anni dalla nascita di Italo Calvino, il più grande, profondo, ridente, immaginifico scrittore della nostra letteratura recente. Cerchiamo di abbracciarne la straordinaria opera dedicandogli un dizionario minimo.
Abbiamo due verbi, uno di ascendenza latina, uno di ascendenza germanica, che sembra insistano sullo stesso atto — tanto che nelle loro rispettive definizioni spesso è necessario tirare in ballo l’altro, per capire a contrario specificità proprie. Sono due verbi che investono, almeno nei loro significati concreti, direttamente il senso della vista — e sono il vedere e il guardare.
Se il vedere ha più strettamente a che fare con una percezione visiva, il guardare ci offre un dirigere lo sguardo, un fissare gli occhi con attenzione… che paradossalmente può prescindere dalla vista. Infatti il guardare ci mostra un’intenzione — e non a caso la voce germanica ricostruita come wardon è quella che dà origine a tutta la famiglia della guardia. Pare sia quel modo di dirigere lo sguardo che è proprio di vigilanza e custodia — tant’è che il guardare diventa anche un controllare, un preservare, come quando cerchiamo chi ci guardi le piante mentre siamo via, o chiediamo indicazioni a chi guarda la porta d’ingresso. Ma cerchiamo di non ridurre la piccola, eloquente complessità che ci offre.
Se ti dico che mi vedi ma non mi guardi, intendo che sono percepito eppure non oggetto della tua attenzione; d’altro canto se dico che mi guardi ma non mi vedi, posso marcare come l’adempimento di un atto di attenzione manchi di una reale percezione (forse potremmo fare un parallelismo fra sentire e ascoltare, per quanto riguarda l’udito). È un rapporto speculare che rende conto di un’articolazione, nella sensazione: il direzionamento che ci fa tendere il senso, che ci fa portare attenzione e mente in ciò su cui convergiamo, e l’atto del percepire, che può rappresentare un globale brusìo senza costrutto (lo esperiamo in ogni momento della nostra vita) come anche una reale individuazione di un’informazione del mondo da cogliere. È per questa diramazione che il guardare prende anche un respiro figurato più ampio, che si riaggancia a un ‘considerare’, come nel «Guarda che il bello arriva adesso».
L’opera di Calvino è piena di parole legate alla vista, e del resto lo scopo della letteratura per lui sta proprio in questo: farci vedere le cose. Far esplodere la meraviglia per il fatto “che sei qui ma potresti non esserci, in un mondo che potrebbe non esserci ma c'è” (Palomar). Chi l’ha detto che debba esserci necessariamente una luna, o una sera terrestre sulla quale possa sorgere?
In questo senso guardare bene le cose significa amministrare con oculatezza il patrimonio di cui si dispone: “Quando c'è una bella notte stellata, il signor Palomar dice: ‘Devo andare a guardare le stelle.’ Dice proprio: ‘Devo’, perché odia gli sprechi e pensa che non sia giusto sprecare tutta quella quantità di stelle che gli viene messa a disposizione.”
Non solo, guardare significa nutrire la bellezza presente nelle cose, anche solo perché la si gratifica del proprio interesse. A maggior ragione quando si tratta di cose fragili, imperfette, ancora acerbe. Genitori ed educatori sanno bene che, per un bambino, uno sguardo affettuoso è come l’acqua per una piantina; lo stesso vale per tutto l’universo, perché in ogni cosa “dovremmo vedere un bambino che nasce, contenente tutte le possibilità future” (Dialogo sul satellite).
In ultimo guardare significa conoscere. Perché quando si ama una cosa si vuole comprenderla, nel senso letterale del termine: portarla dentro di sé, farne nutrimento per la propria crescita, e poi diffonderne i frutti nel mondo. In effetti, per Calvino, questo è nientepopodimeno che lo scopo dell’uomo: essere lo strumento attraverso cui l’universo avanza nel suo percorso di conoscenza-trasformazione. “Per guardare se stesso il mondo ha bisogno degli occhi (e degli occhiali) del signor Palomar.”
Per questo l’atto di guardare può assumere un rilievo quasi religioso, persino quando il signore in questione osserva i prodotti della macelleria: è un miscuglio “di desiderio e di rispetto, di preoccupazione egoistica e di compassione universale, lo stato d'animo che forse altri esprimono nella preghiera.”
Certo, non si può vivere guardando ogni cosa con quest’intensità; però si può vivere in modo tale che, in certi momenti privilegiati, le cose arrivino a svelarsi nella loro bellezza e nel loro significato: “Basta aspettare che si verifichi una di quelle fortunate coincidenze in cui il mondo vuole guardare ed essere guardato nel medesimo istante e il signor Palomar si trovi a passare lì in mezzo. Ossia, il signor Palomar non deve nemmeno aspettare, perché queste cose accadono soltanto quando meno ci s’aspetta.”