Inclito

ìn-cli-to

Significato Glorioso, illustre, famoso

Etimologia voce dotta recuperata dal latino inclitus, variante di inclutus, di clùere ‘aver fama’, con prefisso in- rafforzativo.

Due tensioni che conosciamo bene agiscono sull’ìnclito. Da un lato è un termine preciso, ficcante, spiazzante e sontuoso per descrivere qualcosa di davvero alto, con qualità straordinarie; dall’altro sembra fatto apposta per lo scherzo.

È un bel latinismo: l’ìnclitus è il famoso. Infatti deriva dal verbo clùere che vuol dire proprio ‘avere fama’ — da una radice indoeuropea che sviluppa la sfera del ‘sentire’. Curiosamente, il prefisso in- qui non ha un valore di quelli soliti (dentro e non), ma è un rafforzativo — un po’ come quando diciamo che qualcosa va all’incontrario.

Il tratto di nitore dell’inclito sta nel modo in cui associa fama e gloria. La nebulosa qualità del ‘glorioso’ — splendore ricco di onore, degno di lode — può vivere su molti livelli: è gloriosa una beatitudine celeste, è gloriosa una fierezza coraggiosa, è glorioso il compimento di una vittoria. Ma a dispetto della loro pubblicità, capiamo bene queste possono essere qualità proprie, intrinseche, affini a un certo profilo di nobiltà, che non dipendono necessariamente dall’essere sulla bocca del popolo. Insomma, concepiamo anche uno stato o un atto glorioso di cui non si parli.
Guardando al ‘famoso’, è ancora più evidente che può essere del tutto scollegato dalla gloria. C’è un sacco di gente famosa a cui non collegheremmo mai alcun onore, alcuna lode.

L’inclito unisce la rinomanza della fama e l’alto onore della gloria — in uno splendore che amplifica l’illustre, il nobile e il celebre.
Così possiamo sentir parlare degli incliti versi di un poeta, chi presenta la serata può pregiarsi della presenza di un’ospite inclita, e ci facciamo raccontare (è un po’ romanzato, eh) il viaggio della nonna alla volta dell’inclita città di Samarcanda.

Ma naturalmente possiamo anche parlare della nostra inclita vicina, che rientrando si pulisce le scarpe luride sul nostro zerbino, mentre lo zio, discreto, rovescia nella fioriera l’inclito vino che gli è stato servito dal boccione, fingendo soddisfazione.

C’è infine un uso particolare e simpatico che viene fatto di questo termine: il colto e l’inclita. Si tratta dell’abbreviazione di una vecchia formula introduttiva degli spettacoli (in particolare l’immagine che risuona è quella dell’imbonitore alla fiera), in cui il presentatore si rivolgeva al colto pubblico e all’inclita guarnigione — cioè alla platea composta da civili e militari. Il colto e l’inclita, in quanto totalità della platea, vale un ‘tutta la gente’, ‘chiunque’. Un fatto noto al colto e all’inclita è di dominio pubblico, il programma a premi si rivolge al colto e all’inclita in ascolto, e la pièce teatrale onirico-simbolica che si sviluppa in un dialogo di danze interpretative lascia nella perplessità il colto e l’inclita.
In effetti, è un’espressione così divertente che meriterebbe un ritorno.

Parola pubblicata il 10 Marzo 2022