Onirico

o-nì-ri-co

Significato Relativo al sogno, tipico del sogno; simile al sogno, surreale, fantastico

Etimologia dal greco óneiros ‘sogno’.

Siamo fra quelle parole che sono state recuperate e foggiate a partire dal greco in tempi recenti. Il greco antico infatti conosceva la parola óneiros, cioè ‘sogno’, ma un omologo diretto dell’onirico no. Si tratta di un conio — come qualcuno potrà immaginare — dell’ultimo Ottocento, nel primo fervido periodo di attenzione scientifica per il sogno (per dare un riferimento popolare, L’interpretazione dei sogni, di Freud, è del ‘99).

È proprio in ambito scientifico che si trova usato le prime volte, inventato, pare, dapprima in francese (anche se conî greci di questo genere si prestano a reinvenzioni in lingue diverse a stretto giro, al limite del prestito): ad esempio troviamo onirique nel titolo in un intervento dello psichiatra Emmanuel Régis del 1895 a un convegno di ‘alienisti e neurologi’. In italiano troveremo il nostro omologo onirico quattro anni più tardi, usato dallo psichiatra Sante De Sanctis.

Già questo inquadramento ci permette di comprendere meglio la sfumatura essenziale dell’onirico. Questo aggettivo infatti ci parla di ciò che è relativo al sogno, di ciò che è come sogno, ma non nel senso di vagheggiamento oleografico che spesso intendiamo; piuttosto, come espressione volentieri enigmatica e inquietante di dimensioni interiori. Insomma, una spiaggia onirica difficilmente sarà quella thailandese in cui sorseggiamo il terzo bahama mama su un’amaca tesa fra due tronchi nel pomeriggio dorato. Piuttosto su una spiaggia onirica le onde sferzeranno la battigia schioccando come fossero un tappeto, il bahama mama lo sorseggerà una cernia, il cielo sarà di un viola pieno con le stelle cucite come bottoni, ci sarà a pescare coi ferri da calza la vicina di casa morta della nostra nonna, e avremo la compresente consapevolezza che si trovi a Siena.

È l’irreale del surrealismo, della libera associazione, della visione ermetica che suggestiona e richiede un’interpretazione. Si intende attraverso l’arte che l’ha esplorato, su tutti Dalì, De Chirico, Fellini.

Così, se da un lato si può parlare pianamente di attività e fasi oniriche nel sonno, più ampiamente diremo onirico ciò che ha la rarefazione fantastica del sogno, sciolto dalla realtà — e quindi potremo parlare dell’atmosfera onirica in cui la regista ha ambientato il suo Macbeth, delle perplessità interrogative che ci lascia una poesia onirica, di come una scena onirica sia forte dell’imprevedibilità di una fantasmagoria sfrenata, dell’aura onirica che hanno i portici deserti scolpiti nella luce immobile dei lampioni.

Una parola che ha ancora l’altezza della sua matrice scientifica, e che ci dà la chiave per significare il carattere più autentico e indomabile dell’attività profonda del sogno, insondabile — almeno finché non si tenta di portarne l’enigma in superficie.

Parola pubblicata il 19 Agosto 2020