Amaca

a-mà-ca

Significato Giaciglio pensile di rete o di tessuto, teso fra due sostegni

Etimologia attraverso lo spagnolo hamaca, dal taino hamac ‘letto pensile’.

Le parole non muoiono come le persone, e sanno aspettare con tranquillità il momento del loro successo. Quale parola con più tranquillità di amaca, che ha atteso per quasi quattrocento anni?

Hamac è un termine della lingua taìno, una lingua estinta (seppur con eredità ricche e appassionate) parlata nei Caraibi — e in particolare pare che questo fosse un termine diffuso sull’isola di Hispaniola, quella oggi divisa fra Haiti e Repubblica Dominicana. Vi indicava un giaciglio tenuto sospeso per i quattro vertici, forse col primo significato di ‘rete da pesca’, ed è giunto a noi attraverso lo spagnolo, come tante altre parole della medesima provenienza, nella forma di hamaca. Giunto a noi quando?

Ancora una volta siamo davanti a una prima attestazione italiana frutto della mano di Antonio Pigafetta, del seguito di Ferdinando Magellano, che la vergò nella sua Relazione del primo viaggio intorno al mondo, primo diario della circumnavigazione del globo — e tenuto proprio in italiano. In particolare, racconta che le popolazioni indigene del Brasile, oltre ad essere atee, antropofaghe e longeve fino ai 125-140 anni, usassero dormire in amache tese all’interno delle case.

Non ci sono altre attestazioni di questo termine nella nostra lingua per diversi secoli. Balena, nei Promessi Sposi, un hamac che certo stupisce un po’: nel XVII capitolo Renzo è in fuga da Milano, ricercato, e sta tentando di attraversare il fiume Adda. Giunto alle sue rumorose sponde, trova rifugio per la notte in un povero capanno usato dai contadini d’estate; vi entra e trova un graticcio «a foggia d’hamac» su cui poteva essere plausibile dormire, ma preferisce subito quel po’ di paglia che trova a terra. Non proprio un luogo che ispiri esotismi, e però quest’uso dimostra una certa vitalità di questo riferimento nel milieu, nell’ambiente culturale di Manzoni.

Fino all’anno 1894. D’Annunzio pubblica il suo Il trionfo della morte, romanzo incentrato sul concetto di superuomo del filosofo Nietzsche. Nel Libro VI descrive una stanza così:

ov’era il divano carico di cuscini, ov’erano le lunghe sedie di vimini, l’amaca, le stuoie, i tappeti, tutte le cose favorevoli alla vita orizzontale e al sogno.

Pur con una prima fase in cui continuò ad essere percepito come un esotismo, da quel momento il nome dell’amaca iniziò ad essere usato con sempre maggiore frequenza e naturalezza. Fino al nostro oggi, in cui questo giaciglio teso fra due sostegni si è del tutto integrato nella normalità, parlando la lingua di quell’esotismo domestico e blando che vena i nostri immaginarî di vacanza, di rilassatezza, di pace, nell’arioso e verde dondolio del suo riposo. Senza contare che il suo stesso nome ha il suono del sospiro di diaframma di uno stiracchiamento.

Parola pubblicata il 17 Agosto 2020