Surreale

sur-re-à-le

Significato Nella corrente del surrealismo, che esplora la profondità della psiche; onirico; assurdo, incredibile

Etimologia derivato di reale col prefisso sur- ‘sopra’.

Ci sono notti d’estate surreali in cui la bonaccia fa sembrare che gli alberi siano scolpiti nella luce dei lampioni; siamo spaesati nel vedere piazze, di solito affollate, deserte in modo surreale; per strada si fanno incontri surreali con personaggi onirici, vestiti in maniera bizzarra e in bizzarre faccende affaccendati; seguiamo increduli procedure burocratiche surreali in cui si viene rimandati circolarmente da un ufficio a un altro; viviamo momenti singoli in cui la vita dopo ci sembra surreale.

Questi contesti sono del tutto reali, ma per rappresentarli concepiamo il surreale — e questo ci fa capire che si tratta di una parola non dappoco.

Non è difficile indovinare che questa parola ha una matrice francese (è propria di tutte le parole col prefisso ‘sur-’ per ‘sopra-‘), e nemmeno che c’entri col surrealismo. Ma si deve puntualizzare che il termine ‘surreale’ è molto successivo (una quarantina d’anni) rispetto a ‘surrealismo’ — il primo Manifeste du surréalisme è del 1924. E non solo.

Il surrealismo si proponeva come dirompente corrente di indagine delle parti nascoste della mente umana attraverso una rappresentazione sfrenata del pensiero, che passando per l’enormità di Dalì arriva a Fellini e oltre; il surreale, pur nascendo come aggettivo relativo al surrealismo e ai suoi complessi caratteri, qualificando ciò che scaturisce dalle sovrasensibili profondità della psiche, si è normalizzato. Ma non in maniera prosaica.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose

s’abbandonano e sembrano vicine

a tradire il loro ultimo segreto,

talora ci si aspetta

di scoprire uno sbaglio di Natura,

il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,

il filo da disbrogliare che finalmente ci metta

nel mezzo di una verità.

Lo scriveva Montale in un suo capolavoro, ‘I limoni’ e il concetto è in questa sua suggestione. Il surreale che usiamo oggi non attinge tanto a immaginarî onirici e fantasmagorici che trovano il loro senso nell’estremo imprevedibile e inconseguente: coi suoi paradossi, il surreale filtra da quelle che paiono crepe del reale. Nasce quando un accadimento si scosta sensibilmente dal modo in cui normalmente ne facciamo esperienza; quando una deformazione nella membrana del solito ci dà l’impressione di un passaggio a un piano di realtà altro, soprastante, più vero o più finto. Il nostro surreale è più kafkiano che daliniano.

Sembra che gli alberi siano pietra, sembra che dalla città siano spariti tutti, sembra che girino tipi scappati dal Paese delle meraviglie di Alice, sembra che gli uffici si siano messi d’accordo per farmi uno scherzo, sembra un sogno da cui ci dobbiamo svegliare.

Dopotutto, quando sentiamo commentare una decisione politica dicendo che ‘è surreale’, non si sta dicendo che pare un’esplorazione di abissali circonvoluzioni dell’inconscio, ma banalmente che è incredibile, assurda, sbagliata — e che è incredibile, assurda e sbagliata perché è reale. Più Kafka che Dalì.

Parola pubblicata il 28 Marzo 2020