SignificatoArti, pratiche occulte, credenze volte a esercitare un dominio su forze naturali e soprannaturali; fascino, incanto
Etimologia dal greco magheìa, da màgos, nome con cui erano conosciuti gli appartenenti a una casta sacerdotale zoroastriana.
Parola conosciutissima, ma… ovviamente ha un certo fascino che deve essere spiegato.
Tutta la colossale vena concettuale che colleghiamo al nome di ‘magia’, in cui confluiscono Harry Potter, i malocchi e gli amuleti, le credenze astrologiche, i polverosi tomi di negromanzia, la meraviglia dei tramonti, il fascino di aure ineffabili, le evocazioni demoniache, la taumaturgia, scaturisce da una figura storica precisa - per quanto i suoi contorni siano sfumati, e se ne sappia meno di quanto una voracecuriosità bramerebbe.
Erodoto, nelle Storie, racconta di una particolare casta sacerdotale persiana: i Magi. Si trattava di una casta ereditaria, depositaria di saperi occulti, che in particolar modo riguardavano l’astrologia e l’interpretazione dei sogni. Fino all’unificazione persiana del VI secolo a.C, il suo potere fu grande; lo recuperò in parte quando l’Impero Romano iniziò a perdere pezzi, e per tutta l’era Sasanide, fino all’avvento dell’Islam, quando dei Magi si persero le tracce.
Ora, secondo le credenze classiche, furono proprio i Magi a inventare l’astrologia e la magia. Con poesia, si può quindi affermare che ‘magia’ è un eponimo, che come mille altri trae il nome dal suo inventore. E anche se il nome di ‘mago’, in breve, prese anche il significato di ciarlatano, i Magi, coi loro straordinari, misteriosi saperi, ebbero un carisma globale; non solo il nome della magia portò il loro nome fino alle sponde dell’Atlantico e oltre, ma perfino l’ideogramma cinese per ‘magia’ è collegato alla loro araldica.
E davanti a questo magnetismo così invincibile viene da domandarsi, e viene da immaginarsi, come è che ti guardavano i Magi, come è che si muovevano, come è che parlavano, che cosa leggevano nei sogni e nelle stelle, e che cosa davvero sapevano. Dove stesse la loro magia - che in un certo senso c’era, e c’è, se no non staremmo qui a parlarne.
Parola conosciutissima, ma… ovviamente ha un certo fascino che deve essere spiegato.
Tutta la colossale vena concettuale che colleghiamo al nome di ‘magia’, in cui confluiscono Harry Potter, i malocchi e gli amuleti, le credenze astrologiche, i polverosi tomi di negromanzia, la meraviglia dei tramonti, il fascino di aure ineffabili, le evocazioni demoniache, la taumaturgia, scaturisce da una figura storica precisa - per quanto i suoi contorni siano sfumati, e se ne sappia meno di quanto una vorace curiosità bramerebbe.
Erodoto, nelle Storie, racconta di una particolare casta sacerdotale persiana: i Magi. Si trattava di una casta ereditaria, depositaria di saperi occulti, che in particolar modo riguardavano l’astrologia e l’interpretazione dei sogni. Fino all’unificazione persiana del VI secolo a.C, il suo potere fu grande; lo recuperò in parte quando l’Impero Romano iniziò a perdere pezzi, e per tutta l’era Sasanide, fino all’avvento dell’Islam, quando dei Magi si persero le tracce.
Ora, secondo le credenze classiche, furono proprio i Magi a inventare l’astrologia e la magia. Con poesia, si può quindi affermare che ‘magia’ è un eponimo, che come mille altri trae il nome dal suo inventore. E anche se il nome di ‘mago’, in breve, prese anche il significato di ciarlatano, i Magi, coi loro straordinari, misteriosi saperi, ebbero un carisma globale; non solo il nome della magia portò il loro nome fino alle sponde dell’Atlantico e oltre, ma perfino l’ideogramma cinese per ‘magia’ è collegato alla loro araldica.
E davanti a questo magnetismo così invincibile viene da domandarsi, e viene da immaginarsi, come è che ti guardavano i Magi, come è che si muovevano, come è che parlavano, che cosa leggevano nei sogni e nelle stelle, e che cosa davvero sapevano. Dove stesse la loro magia - che in un certo senso c’era, e c’è, se no non staremmo qui a parlarne.