Pentatonico
pen-ta-tò-ni-co
Significato Formato da cinque suoni
Etimologia prestito moderno formato dal greco penta-, elemento usato in numerosi composti per ‘cinque’ e -tono dal latino tonus ‘tensione di una corda; accento; intervallo fra due note’, derivato dal greco tónos ‘tensione, suono’.
Parola pubblicata il 01 Settembre 2024
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Questo termine fu coniato nel 1864 dallo studioso, organologo e collezionista Carl Engel. La parola è specifica del lessico musicale e di solito la s’incontra a proposito della cosiddetta scala pentatonica cinese, una sequenza di cinque suoni che ha origini antiche ed è diffusa nel mondo ben oltre i confini della Cina. Quanti bambini si divertono a cercare melodie suonando soltanto i tasti neri del pianoforte? Ecco: stanno giocando con una scala pentatonica.
A differenza dei sistemi scalari della musica occidentale, basati su sette suoni, quelli pentatonici (o pentafonici, sinonimo) sono composti da cinque note che solitamente procedono per intervalli di tono e di terza minore ossia, con un esempio ‘classico’, Fa-Sol-La-Do-Re.
Engel diede un nome distintivo a queste scale, all’epoca esotiche per le orecchie della vecchia Europa, avvezze a tonalissimi melodrammi, sinfonie e valzer. Engel intendeva distinguere il pentacordo (letteralmente, cinque corde) su cui per esempio si muove il tema principale dell’Inno alla Gioia di Beethoven (provare per credere, sono solo cinque note) da una delle tante scale ‘straniere’ ugualmente formate da cinque note, ma che presentano caratteristiche ben diverse. Le scale pentatoniche della musica tradizionale cinese sono costituite in realtà da una sorta di nucleo con cinque suoni e con due bianyin o ‘toni di scambio’, che vanno a riempire lo spazio sonoro all’interno della terza minore.
Sistemi di questo tipo si rintracciano sparsi in mezzo mondo: dall’America andina al Giappone e dalle isole britanniche alle coste dell’Africa occidentale. Perciò, sin dal principio gli studiosi hanno ipotizzato che la scala pentatonica sia tanto universale quanto arcaica. Anche il musicista americano Bobby McFerrin afferma che è recepita da tutti con estrema facilità, quasi istintivamente.
Con il loro carico di fascino esotico, le scale pentatoniche nell’Ottocento divennero un ghiotto bocconcino per alcuni musicisti, che ne intuirono le interessanti applicazioni. La ricerca di originalità, l’interesse per l’esotismo tipico dell’epoca (in pittura pensiamo ad Alberto Pasini oppure a Paul Gauguin o, più tardi, all’ispirazione ‘primitiva’ di Amedeo Modigliani) sollecitarono anche nei compositori l’utilizzo creativo di elementi presi in prestito da culture extraeuropee, capaci di apportare nuova freschezza agli ascoltatori occidentali, saturi del linguaggio tonale.
Claude Debussy si distinse fra i primi che utilizzarono con successo tale elemento esotico; un esempio si può trovare in Voiles. Composto nel 1910 su una scala esatonale (ossia formata da sei suoni), il preludio include un breve passo su una scala pentatonica.
Il 29 novembre di quest’anno cade il centenario della morte di Giacomo Puccini. Tra i suoi innumerevoli meriti artistici, fu uno dei compositori italiani che seppero sfruttare magistralmente la scala pentatonica, come nella Madama Butterfly o nella Fanciulla del West. Puccini la usò in maniera intensamente toccante nell’aria di Liù Signore ascolta della sua ultima opera, Turandot.
La pentafonia è duttile e si presta a ‘contaminazioni’ non solo con la musica colta, ma anche con altri generi. Per esempio, se a una sequenza pentatonica che inizia con una terza minore, come Mi-Sol-La-Si-Re (e Mi, per concludere l’ottava):
si aggiunge un cromatismo tra terzo e quarto suono, avremo una scala blues esatonale: Mi-Sol-La-La#-Si-Re (Mi)
E per chi voglia praticare una meditazione trascendentale sulle note della scala pentatonica, si può provare a cantillare insieme ai monaci tibetani il potentissimo mantra Oṃ Maṇi Padme Hūṃ (anche in questo celebre arrangiamento di successo). Cinque note per raggiungere il settimo Cielo.