Pianissimo
pia-nìs-si-mo
Significato Grado superlativo dell’aggettivo ‘piano’. In musica: indicazione dinamica per l’esecutore
Etimologia dall’aggettivo latino plānus ‘piatto; facile; chiaro; liscio’ e plānum ‘pianura; figura piana’.
Parola pubblicata il 04 Agosto 2024
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Considerato nel grado positivo, piano presenta tantissime accezioni. Migra dal latino all’italiano già nel XII secolo, in uno scritto in cui due fratelli ricevono «uno pectio di terra la quale èt posta nel piano di […]».
Qui, però, andiamoci piano e come sempre parliamo di musica. Prima che Bartolomeo Cristofori inventasse il pianoforte nel 1700, già nella Ferrara di fine Cinquecento esisteva un «instromento pian e’ forte» probabilmente dotato di una meccanica a percussione, forse imparentato con un clavicordo.
Alcune fonti settecentesche usavano indifferentemente il termine fortepiano e pianoforte per identificare lo stesso strumento. Oggi con fortepiano s’intende lo strumento filologicamente adatto per interpretare il repertorio settecentesco, mentre pianoforte è il nome di quello moderno. A volte è chiamato sbrigativamente piano, ma così si umilia il più noto degli strumenti a tastiera, sontuoso re dei salotti ottocenteschi. Piano funziona bene in inglese, dove la parola italiana è stata acquisita con un significato esclusivamente musicale, ma non in italiano, vista la sua ubertosa polisemia.
Pianissimo rientra in un’ampia schiatta di aggettivi e locuzioni che qualificano ogni possibile intensità sonora, fino al fortissimo, e appartiene alle prescrizioni della dinamica musicale. Le indicazioni agogiche e dinamiche sono in italiano, perché si fissarono in un’epoca in cui l’Italia esportava la propria arte dei suoni. Termini come piano oppure pianissimo, in alternativa abbreviati con una o più p, si scrivono così ovunque nel mondo.
Le prime dinamiche musicali comparvero già all’inizio del Cinquecento e vennero immortalate nel titolo della Sonata pian’ e forte di Giovanni Gabrieli del 1597. Come dimostra Olà, oh che bon eccho di Orlando di Lasso, anche il termine eco era un sinonimo di piano. Pianissimo invece è un’estremizzazione, e arrivò durante il barocco, insieme ai suoi ‘eccessi’.
Nel Settecento s’impiegarono le prime abbreviazioni come pp o pian.mo. Sébastien de Brossard affermò che pp significava più piano, ‘come una seconda eco’, mentre pianissimo o ppp è ‘come una terza eco […] il cui suono si perde nell’aria’.
Piano e pianissimo sono funzionali per accompagnare un solista, in modo che la sua parte spicchi sulle altre, ma non solo. Franz Joseph Haydn descrisse mirabilmente il magma primordiale antecedente la Creazione con accordi lunghi, tremoli, volate e accenti sparsi, che evocano il ribollire del cosmo. Il coro esordisce sommesso sul pianissimo orchestrale… il mondo sta per prendere forma dallo spirito divino. Sulla parola Licht, luce («e luce fu»), Haydn colloca, per contrasto, il primo, improvviso fortissimo. Luce e potenza si fondono per generare la vita, quasi un’intuizione poietica dell’energia dell’Universo che sarà esplorata in epoca moderna.
L’Ottocento segna il trionfo del pianissimo e del fortissimo. Nella Messa da Requiem, Giuseppe Verdi prescrisse un pianissimo con cinque p (ppppp) ma, consapevole della difficoltà di ottenere cinque p da un coro che poteva annoverare oltre cento persone, in quel punto dispose che fossero ridotte a sedici.
L’episodio fa parte del Libera me Domine (min. 17.10 di questo video)
Le dinamiche generali della composizione sono eloquenti: sotto voce, il più piano possibile, morendo, tutta forza, vari estremamente piano. Pensare invece che l’Allegro agitato dello spettacolare Dies irae prescrive ‘soltanto’ la doppia f (ff) del fortissimo!
E che dire del celebre inizio de Il barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini, «Piano pianissimo»? È notte, poco prima dell’alba. Fiorello, servitore del conte d’Almaviva, fa strada con la lampada a un gruppo di suonatori e al suo padrone. Sono sotto le finestre di Rosina; il conte l’ama e vuole cantarle una serenata. Prima dello svolgimento dei fatti, che si concluderanno con il trionfo della coppia Rosina-Almaviva sull’avido vecchio tutore che vorrebbe impalmare la ragazza per appropriarsi della sua ricca dote, Fiorello canta:
Gli fanno eco i suonatori:
Inizia così forse la più celebre opera buffa di tutti i tempi. Perciò, ispirato dai trionfi rossiniani, Guido Zaccagnini intitolò una fortunata rubrica RAI proprio Piano pianissimo.