SignificatoContratto, specie d’assicurazione; ricevuta
Etimologia dal latino apodìxis, che è dal greco apódeixis ‘dimostrazione, prova’, derivato di apodeiknýmai ‘dimostrare’, composto di apo- ‘da’ e déiknymi ‘mostrare’.
Non so quanti si siano mai chiesti da dove salta fuori il termine ‘polizza’, ma è una domanda meritevole, visto che ci rimbomba nelle orecchie tutti i giorni e che il nostro portafogli ringhia ogni volta che lo sente. Di primo acchito appare isolato, privo di nessi evidenti che lo legano ad altri - un frutto che penzola in fondo a un ramo liscio e nudo. E invece scopriamo che ha un parente aulico e sorprendente: l’aggettivo ‘apodittico’, che significa ‘evidente, inconfutabile’ con tutta l’intensità di una dimostrazione, di una necessità logica (difatti è propriamente un termine filosofico).
Se però ‘apodittico’ è una voce dotta, recuperata nel tardo Cinquecento e conservata in ottime condizioni rispetto all’originale greco, la parola ‘polizza’, documento che etimologicamente prova il vincolo contrattuale o il suo adempimento, è il risultato di usure, storpiature, maciullamenti dell’originale da parte di migliaia di bocche in millenni di mercatura. ‘Apodittico’ è il fratello che ha condotto un’esistenza silenziosa nei monasteri e disquisisce di verità e virtù, ‘polizza’ è la sorella che ha passato la vita a fare affari nei porti del mediterraneo e ha un coltello nello stivale.
Oggi, se parliamo di polizze, parliamo di polizze assicurative: banalmente contratti di assicurazione per cui tu mi paghi una somma, io ti sollevo da un rischio. E si dice polizza tanto il contratto-rapporto quanto il contratto-documento. In passato il temine ‘polizza’ ha descritto qualunque tipo di contratto e di ricevuta: quella assicurativa ha prevalso per una sorta di antonomasia.
Un quadro più bello di quel che prometteva, nevvero?
Le parentele delle parole sanno sempre stupire.
Non so quanti si siano mai chiesti da dove salta fuori il termine ‘polizza’, ma è una domanda meritevole, visto che ci rimbomba nelle orecchie tutti i giorni e che il nostro portafogli ringhia ogni volta che lo sente. Di primo acchito appare isolato, privo di nessi evidenti che lo legano ad altri - un frutto che penzola in fondo a un ramo liscio e nudo. E invece scopriamo che ha un parente aulico e sorprendente: l’aggettivo ‘apodittico’, che significa ‘evidente, inconfutabile’ con tutta l’intensità di una dimostrazione, di una necessità logica (difatti è propriamente un termine filosofico).
Se però ‘apodittico’ è una voce dotta, recuperata nel tardo Cinquecento e conservata in ottime condizioni rispetto all’originale greco, la parola ‘polizza’, documento che etimologicamente prova il vincolo contrattuale o il suo adempimento, è il risultato di usure, storpiature, maciullamenti dell’originale da parte di migliaia di bocche in millenni di mercatura. ‘Apodittico’ è il fratello che ha condotto un’esistenza silenziosa nei monasteri e disquisisce di verità e virtù, ‘polizza’ è la sorella che ha passato la vita a fare affari nei porti del mediterraneo e ha un coltello nello stivale.
Oggi, se parliamo di polizze, parliamo di polizze assicurative: banalmente contratti di assicurazione per cui tu mi paghi una somma, io ti sollevo da un rischio. E si dice polizza tanto il contratto-rapporto quanto il contratto-documento. In passato il temine ‘polizza’ ha descritto qualunque tipo di contratto e di ricevuta: quella assicurativa ha prevalso per una sorta di antonomasia.
Un quadro più bello di quel che prometteva, nevvero?