SignificatoChe presume troppo di sé, orgoglioso, superbo
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo praesumptuosus, da praesumptus ‘presunto’, participio passato di praesumere ‘prendere prima, anticipare’.
Non c’è chi non abbia più o meno in mente un profilo umano con questa qualità — che ci suona spiacevole e anche, sotto certi aspetti, pericolosa.
Digrossandola, diciamo che chi risponde a questo profilo deve credere di avere qualità superiori, avere una fiducia nelle proprie doti, nelle proprie risorse davvero assoluta — sciolta dalla realtà e dai riscontri oggettivi. La credenza deve essere mal riposta, o almeno esagerata. La persona presuntuosa di solito non riesce ad avere successo con quelle risorse lì, che crede così rilevanti. Ed è il verbo ‘presumere’ che ce lo spiega meglio.
Ora, il presumere e la presunzione non sono in sé atti mentali negativi, anzi: hanno un rilievo logico importante. Ci permettono letteralmente di prendere un elemento della realtà prima che si sia manifestato con evidenza. Possiamo presumere chi sia una persona prima delle presentazioni ufficiali, posso presumere che servirà del vino visto che abbiamo lo zio a cena, posso presumere che queste grida siano ancora la vicina di casa che sta litigando con le persone alla televisione.
E questo è vero anche se presumiamo qualcosa di noi: presumo di riuscire a camminare trenta chilometri con questo zaino anche se non l’ho mai fatto, presumo di saperne più io di ribollita rispetto a te, cara amica cosentina o bergamasca, presumo di riuscire a imparare una breve poesia a memoria in poche letture.
Il problema si presenta quando questo presumere è un presumere troppo di sé. Se dico che ovviamente posso camminare cinquanta chilometri con cinquanta chili di zaino sulle spalle, sono presuntuoso, sono presuntuoso se non credo qualcuno possa insegnarmi qualcosa, in cucina, e sono presuntuoso se penso proprio di riuscire a imparare a memoria Dei sepolcri di Foscolo, oggi, senza conoscere mnemotecniche speciali.
È così che il profilo del presuntuoso si sostanzia per eccellenza da quello di chi ‘presume troppo di sé’. Ma non è proprio tutto.
Anche persone del tutto straordinarie e che hanno davvero risorse somme possono essere presuntuose rispetto a questi tratti oggettivamente mirabili. Il ‘troppo’ insito nel presuntuoso non è solo un troppo misurato rispetto alla realtà delle risorse, che poi alla prova non si rivelano all’altezza della credenza: può anche essere un ‘troppo’ squisitamente sociale, semplicemente immodesto, troppo sicuro di sé perché possa risultare simpatico. Ad esempio, il cronista Giovanni Villani nel Trecento ci racconta che «Dante per lo suo savere fu alquanto presuntuoso». Non è che Dante sapesse poco, è che era superbo, anche nel suo sapere — ed era facile, quindi, che risultasse antipatico.
Una parola davvero utile, perché insieme fine e corrente, capace di descrivere realtà più ricorrenti e fredde del tracotante e più pulite e intime del supponente.
Non c’è chi non abbia più o meno in mente un profilo umano con questa qualità — che ci suona spiacevole e anche, sotto certi aspetti, pericolosa.
Digrossandola, diciamo che chi risponde a questo profilo deve credere di avere qualità superiori, avere una fiducia nelle proprie doti, nelle proprie risorse davvero assoluta — sciolta dalla realtà e dai riscontri oggettivi. La credenza deve essere mal riposta, o almeno esagerata. La persona presuntuosa di solito non riesce ad avere successo con quelle risorse lì, che crede così rilevanti. Ed è il verbo ‘presumere’ che ce lo spiega meglio.
Ora, il presumere e la presunzione non sono in sé atti mentali negativi, anzi: hanno un rilievo logico importante. Ci permettono letteralmente di prendere un elemento della realtà prima che si sia manifestato con evidenza. Possiamo presumere chi sia una persona prima delle presentazioni ufficiali, posso presumere che servirà del vino visto che abbiamo lo zio a cena, posso presumere che queste grida siano ancora la vicina di casa che sta litigando con le persone alla televisione.
E questo è vero anche se presumiamo qualcosa di noi: presumo di riuscire a camminare trenta chilometri con questo zaino anche se non l’ho mai fatto, presumo di saperne più io di ribollita rispetto a te, cara amica cosentina o bergamasca, presumo di riuscire a imparare una breve poesia a memoria in poche letture.
Il problema si presenta quando questo presumere è un presumere troppo di sé. Se dico che ovviamente posso camminare cinquanta chilometri con cinquanta chili di zaino sulle spalle, sono presuntuoso, sono presuntuoso se non credo qualcuno possa insegnarmi qualcosa, in cucina, e sono presuntuoso se penso proprio di riuscire a imparare a memoria Dei sepolcri di Foscolo, oggi, senza conoscere mnemotecniche speciali.
È così che il profilo del presuntuoso si sostanzia per eccellenza da quello di chi ‘presume troppo di sé’. Ma non è proprio tutto.
Anche persone del tutto straordinarie e che hanno davvero risorse somme possono essere presuntuose rispetto a questi tratti oggettivamente mirabili. Il ‘troppo’ insito nel presuntuoso non è solo un troppo misurato rispetto alla realtà delle risorse, che poi alla prova non si rivelano all’altezza della credenza: può anche essere un ‘troppo’ squisitamente sociale, semplicemente immodesto, troppo sicuro di sé perché possa risultare simpatico. Ad esempio, il cronista Giovanni Villani nel Trecento ci racconta che «Dante per lo suo savere fu alquanto presuntuoso». Non è che Dante sapesse poco, è che era superbo, anche nel suo sapere — ed era facile, quindi, che risultasse antipatico.
Una parola davvero utile, perché insieme fine e corrente, capace di descrivere realtà più ricorrenti e fredde del tracotante e più pulite e intime del supponente.