SignificatoSciogliere, diluire; attenuare; togliere la tempra; togliere la punta
Etimologia da temperare, col prefisso s-, voce dotta recuperata dal temperare latino, ‘miscelare, regolare, moderare’.
Questa parola deriva dal verbo ‘temperare’, che è un vero mostro di complessità; ne raccoglie e sviluppa solo alcuni significati, e in questo si rivela più accessibile, anche se il prefisso s- prende valori diversi a seconda del significato, e in questo si rivela più insidioso. Ma insomma, è una parola che troviamo usata in ogni ricettario e da ogni paciere, e quindi è di primo rilievo.
Il primo significato del temperare, che probabilmente è il suo significato originario, racconta un ‘mescolare in modo proporzionato’ (pensiamo all’acqua col vino dei tempi antichi). Si tratta di una mescolanza che smussa, che dà un risultato – appunto – temperato: una diluizione, un’attenuazione. E tale è l’effetto dello stemperare: qui la s- ha un valore intensivo. Così, sul versante culinario, quando faccio la besciamella stempero il fondo aggiungendo a poco a poco il latte, quando faccio la pizza stempero il lievito nell’acqua tiepida perché non restino grumi, e stempero i pistilli di zafferano per il risotto in una tazzina di brodo caldo. Ma posso anche stemperare un sapore troppo dolce con ingredienti contrastanti, e anche dipingendo posso stemperare il colore nell’olio.
Il passo che lo estende è magnifico: l’attenuazione, la diluizione materiale si volge a energie, pensieri, sentimenti, atteggiamenti – alla galassia delle consistenze e dei sapori morali. Stempero l’asprezza di una critica con un complimento, cerco di stemperare gli animi arrabbiati con qualche parola di buon senso, stempero la tensione con una battuta, e lo zio stempera un’ombra di malinconia con un’ombra di vino. In letteratura questa immagine è anche avvicinata al corrompere – stemperare è in effetti inquinare una purezza – e anche un togliere vigore avvilente. Ma così come la temperanza è una virtù, lo stemperare si è affermato essenzialmente come moderato e saggio, positivo. Anche quando stemperiamo un entusiasmo, l’idea è che ci sia una buona ragione.
Inoltre prende anche altri significati, in cui quel prefisso s- ha la natura di negazione e rappresenta il contrario di certi temperari: stemperare l’acciaio significa toglierli la tempra – e quindi ricuocerlo per addolcirlo e renderlo di nuovo lavorabile. Stemperare una matita temperata, spuntarla. Ma sono usi minori.
Resta l’incanto di una parola presente in contesti vivaci e correnti, che però in certi profili fa ancora intuire le sue origini, più antiche dei più vecchi olivi, che affondano nel tempus, che è tempo, lasso, e perciò misura.
Questa parola deriva dal verbo ‘temperare’, che è un vero mostro di complessità; ne raccoglie e sviluppa solo alcuni significati, e in questo si rivela più accessibile, anche se il prefisso s- prende valori diversi a seconda del significato, e in questo si rivela più insidioso. Ma insomma, è una parola che troviamo usata in ogni ricettario e da ogni paciere, e quindi è di primo rilievo.
Il primo significato del temperare, che probabilmente è il suo significato originario, racconta un ‘mescolare in modo proporzionato’ (pensiamo all’acqua col vino dei tempi antichi). Si tratta di una mescolanza che smussa, che dà un risultato – appunto – temperato: una diluizione, un’attenuazione. E tale è l’effetto dello stemperare: qui la s- ha un valore intensivo. Così, sul versante culinario, quando faccio la besciamella stempero il fondo aggiungendo a poco a poco il latte, quando faccio la pizza stempero il lievito nell’acqua tiepida perché non restino grumi, e stempero i pistilli di zafferano per il risotto in una tazzina di brodo caldo. Ma posso anche stemperare un sapore troppo dolce con ingredienti contrastanti, e anche dipingendo posso stemperare il colore nell’olio.
Il passo che lo estende è magnifico: l’attenuazione, la diluizione materiale si volge a energie, pensieri, sentimenti, atteggiamenti – alla galassia delle consistenze e dei sapori morali. Stempero l’asprezza di una critica con un complimento, cerco di stemperare gli animi arrabbiati con qualche parola di buon senso, stempero la tensione con una battuta, e lo zio stempera un’ombra di malinconia con un’ombra di vino. In letteratura questa immagine è anche avvicinata al corrompere – stemperare è in effetti inquinare una purezza – e anche un togliere vigore avvilente. Ma così come la temperanza è una virtù, lo stemperare si è affermato essenzialmente come moderato e saggio, positivo. Anche quando stemperiamo un entusiasmo, l’idea è che ci sia una buona ragione.
Inoltre prende anche altri significati, in cui quel prefisso s- ha la natura di negazione e rappresenta il contrario di certi temperari: stemperare l’acciaio significa toglierli la tempra – e quindi ricuocerlo per addolcirlo e renderlo di nuovo lavorabile. Stemperare una matita temperata, spuntarla. Ma sono usi minori.
Resta l’incanto di una parola presente in contesti vivaci e correnti, che però in certi profili fa ancora intuire le sue origini, più antiche dei più vecchi olivi, che affondano nel tempus, che è tempo, lasso, e perciò misura.