Svastica
svà-sti-ca
Significato Antico simbolo magico-religioso; simbolo assunto dai movimenti antisemiti nazisti
Etimologia dal sanscrito svastika स्वस्तिक , ‘oggetto di buon auspicio’.
Parola pubblicata il 02 Novembre 2018
Sanscrito italiano - con Mauro Aresu
Parole sanscrite entrate in italiano, parole italiane che richiamano il sanscrito: dopo il ciclo sulle figure retoriche, Mauro Aresu, giovane studente di lettere classiche, ci propone un tuffo in una delle interazioni linguistiche più fascinose, fra mode contemporanee e suggestioni primigenie.
Difficile a credersi, ma è davvero così. La svastica era davvero un segno di buon auspicio. Ora, riuscirete sicuramente tutti a immaginarvene una: una croce a quattro bracci di uguale lunghezza terminanti con uncini verso destra o sinistra. Ed è proprio da questa immagine mentale che dobbiamo partire per provare a rintracciare le origini di questo simbolo e del suo significato.
È opinione diffusa che la svastica sia, nell’ambito dell’Induismo, rappresentazione del sole e del suo corso (quando gli uncini son rivolti a destra; se rivolti a sinistra, il simbolo prende il nome di sauvastika e rappresenta invece la notte). Ecco perché il suo significato benevolo: il sole è ovviamente legato alla prosperità e alla positività. Dico che questa è opinione diffusa poiché un certo Sir Alexander Cunningham (1814-1893), considerato uno dei fondatori dell’archeologia indiana, avanzò un’altra ipotesi: egli vide nel simbolo un monogramma delle parole su सु (‘bene’) e asti अस्ति (la terza persona singolare del verbo essere al presente indicativo), quindi un simbolo contenente parole benefiche.
Qualsiasi sia l’origine, il simbolo è attestato in svariate civiltà, non solo in quella indiana, ma è dal nome che ha in essa che noi ricaviamo il termine per definirlo. Ma come si è passati dal bel simbolo solare alla svastica tristemente nota a tutti?
All’inizio del ventesimo secolo, la svastica era un simbolo largamente usato con la sua accezione positiva. Il boom di notorietà fu dovuto alle scoperte che l’archeologo Heinrich Schliemann fece, alla fine del secolo precedente, durante i suoi scavi alla ricerca della perduta città di Troia: dopo aver rinvenuto dei manufatti con la svastica (che, appunto, era un simbolo condiviso da tantissime popolazioni, indoeuropee e no), ricollegò il simbolo a quello che aveva visto in reperti rinvenuti vicino al fiume Oder, in Germania. Una cosa tira l’altra, e la svastica fu vista come anello di congiunzione tra gli antenati dei tedeschi, gli eroi greci e gli Indiani del tempo dei Veda. Un simbolo degno della razza ariana (termine usato allora per designare i protoindoeuropei che si riteneva erroneamente avessero origine nell’Europa del nord).
Poco importa il significato originario: sciaguratamente questo termine (e il simbolo a esso corrispondente) è macchiato in maniera indelebile, e per quanto bella, l’idea di una rivendicazione della svastica e della sua primitiva bellezza è forse irraggiungibile.