Vanto
vàn-to
Significato Sfoggio, millanteria; merito, pregio, lustro; sfida fra cavalieri a chi ha compiuto o s’impegna a compiere gesta più ardite e nobili
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo vanitàre ‘esser vano, vanitoso’, derivato di vànitas ‘millanteria’, derivato di vanus ‘vuoto, frivolo’.
Parola pubblicata il 11 Marzo 2025
Certe parole sono difficili perché nel loro modo intelligente di cogliere l’umanità restano ambivalenti, e conservano un punto di bene nel male e un punto di male nel bene.
A guardare l’etimologia di ‘vanto’, c’è poco da discutere: siamo parlando di un sostantivo ricavato da ‘essere vano’, vanitare in latino, da vanitas, che è direttamente la falsità, la millanteria — a sua volta da vanus, il vuoto, il frivolo. Un’origine che, si direbbe, toglie il tappeto sotto ai piedi di ogni accezione positiva del vanto. Eppure…
Le persona celebre che è il vanto della piccola cittadina, il prodotto eccellente che è il vanto di un’industria, i numeri che sono il vanto di un’azione di governo possono essere roba molto concreta, pregi reali, motivi condivisi di lode, meriti. Anzi, lo possono essere in modo anche relativamente sobrio: il vanto non ha l’iperbole della gloria (la celebrità è la gloria della cittadina), non ha il tono protocollare del lustro (il tal prodotto è il lustro di questa industria), e nemmeno il lieve patetismo dell’orgoglio (questi numeri sono l’orgoglio del governo).
È una parola che ci permette di ottenere il garbatissimo, radicale effetto di far suonare a vuoto il successo. Che per carità esiste, esistono il pregio e il merito, eppure — sottende il vanto — non si staccano del tutto da una vanitazione, dalla vanità.
In questo senso pensiamo anche al ‘vanto’ quale nome tecnico di un genere di sfida cavalleresca medievale, in cui due cavalieri si fronteggiavano sciorinando i propri successi più mirabolanti, le proprie gesta più nobili ed eroiche — o anche impegnandosi a compierle. Nell’orizzonte cavalleresco il merito dell’impresa ardita è senz’altro un affare centrale... ma non è solo dalla nostra prospettiva che si nota un che di vacuo.
In queste sottigliezze si muove il nostro uso comune; quando raccontiamo di come il collega faccia gran vanto dell’auto nuova, quando sentiamo che una figlia è il vanto di una famiglia, quando leggiamo che un salume è il vanto di un paese, così come quando diciamo che un parco è il vanto di una comunità, una vittoria il vanto di una squadra. Un’ambiguità davvero ricchissima.