Wabi-sabi

Significato Concezione estetica giapponese fondata sull’accettazione dell’impermanenza e dell’imperfezione delle cose

Etimologia voce giapponese, composta da wabi 侘 povertà, semplicità e sabi 寂, che indica quella bellezza che nasce dal passare del tempo. In kanji è scritto 侘寂.

Questa parola è molto speciale. È impossibile tradurla in italiano. Wabi-sabi è un senso estetico particolare in Giappone. Questa parola è fatta da due parti: wabi e sabi. Wabi e sabi sono diversi concetti, ma adesso noi giapponesi le descriviamo insieme.

“Wabi (侘)” significa lo stato inferiore, cioè lo stato povero e semplice. I giapponesi pensano che questo stato è bello. Direi: che il prezzo sia basso ma la qualità sia buona. Okakura Tenshin ha scritto nel suo libro, “The Book of Tea”, che la parola “imperfetto” traduce bene la parola “wabi”. Invece “sabi (寂)” è lo stato deteriorato con il passar del tempo, e poi lo stato deserto o isolato. Secondo Terada Torahiko, è la bellezza che trapela dall’intero di una cosa antica e non è in rapporto con l’apparenza. Per esempio, una roccia coperta di muschio ha questa bellezza.

Ho scritto che wabi-sabi è una sensazione particolare in Giappone. Ma secondo me, c’è questo senso anche in Occidente. Nel campo dell’arte, si trovano tante opere (tragedie, poesie, novelle, pitture, e così via) che esprimono la tristezza, il senso di vuoto, ecc; cioè sentimenti negativi. Anche gli occidentali provano la bellezza da questi.

Quanto a “sabi”, per esempio, c’è una parola “antique” in francese (“antiquariato” in italiano, vero?). Questa parola significa “vecchio ma bello”. Questi sensi sono simili a “sabi” in giapponese.

Siccome wabi-sabi è una parola che tratta di sensazione, capirla precisamente sarà difficile. (Anzi, la mia spiegazione è troppo brutta per farvela capire bene. Mi scusate!) Ma wabi-sabi è un animo della cultura giapponese. Se capisci il vero significato, potrei dire che comprendi la filosofia dei Giapponesi.

Quel filone di pensiero estetico europeo che adorava il modello unico della bellezza classica, apollinea, imperturbabile, perfetta ed eterna, durante il XIX secolo travalica nel Romanticismo: la malinconia, la nostalgia, l’abbandono diventano temi popolari di bellezza struggente, soggetti privilegiati dell’arte. I pittori vanno a caccia di rovine fra cui pascolano le pecore, i poeti meditano da soli nei cimiteri antichi, i musicisti danno voce alle proprie malinconie. Il fenomeno del Romanticismo non si esaurisce qui; ma questo gusto, ancora rigoglioso, è forse il punto più vicino fra Europa e Giappone: la bellezza di una semplicità sincera e senza fronzoli barocchi, che prende forza dall’inesorabile passaggio del tempo, comprendendo serenamente la nostalgia, la tristezza più delicata - in una tensione dolce e profonda.

Parola pubblicata il 20 Marzo 2014

Parole giapponesi - con Haruki Ishida

Insieme ad Haruki Ishida, dottore in Lingua e Letteratura italiana dell'Università di Kyoto, affrontiamo alcune parole giapponesi che sono diventate consuete anche agli Italiani, cercandone l'origine.