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Una storia di blend e di malto

Un anglicismo che partendo dal whisky si sta facendo strada nella nostra lingua (anche a spese di altri anglicismi).

Il blend, una faccenda inglese

Le origini sono germaniche. Le fonti ci raccontano del verbo blenden, che nel 1300 entra nella lingua inglese col significato di ‘mischiare in modo da rendere indistinguibile’ e che deriva, attraverso vari passaggi che coinvolgono anche le lingue scandinave, dal protogermanico blanda, ovvero ‘mescere’, che inizialmente era anche, in effetti, ‘rendere torbido, oscuro’, con un riferimento nettissimo a quello che doveva essere il risultato dell’azione: offuscare le varie parti del composto in una nube indistinta, senza che vi fosse più la possibilità di individuarle. Alla base di tutto ci sarebbe la radice protoindoeuropea -bhel, letteralmente ‘splendere’, ‘abbagliare’, ma anche ‘bruciare’, che avrebbe sparso il suo seme nelle più diverse lingue del nostro continente attraverso sanscrito, greco e latino.   

Ai nostri giorni

Ora, a consultare i moderni dizionari d’inglese, questo principio della fusione totale dei componenti pare essere rimasto senza però esaurire le opzioni che questa azione del miscelare può racchiudere. Nella versione online dell’Oxford English Dictionary (OED) il verbo blend ha un unico significato principale che poi si esplica in diverse, per quanto simili, accezioni: si tratta di mischiare una sostanza con un’altra in modo che si combinino tra di loro, il che è tipico, ad esempio, delle indicazioni di una ricetta. Mischiare o amalgamare, in questo caso, ci sembrano due verbi italiani sovrapponibili in maniera soddisfacente. 

Una prima sfumatura è, probabilmente, quella che personalmente ci riguarda più da vicino, poiché nella maggior parte dei casi è ad essa che ci riferiamo quando utilizziamo il prestito: stiamo parlando di miscelare diversi tipi della stessa sostanza per ottenere una precisa qualità di un prodotto; ci vengono subito in mente i liquori, o magari anche tè e caffè, ma non ci si ferma certo qua come vedremo più avanti. 

I riferimenti di questo verbo possono però diramarsi anche in altri contesti situazionali, come quello del mettere assieme una serie di dati o di informazioni, passando così dalla concretezza delle sostanze alla totale astrazione; in questo caso, gli elementi, più che mischiarsi, si sommano, magari per permetterci di giungere ad una conclusione, oppure a volte, seguendo il flusso di coscienza, si affastellano. Poetica è poi un’altra immagine riconducibile al verbo inglese, ossia quella dell’insieme armonioso di entità che, prima separate e indipendenti, unendosi trovano assieme una perfetta consonanza, come può accadere a tanti pezzi di arredamento che, un po’ per caso un po’ perché abbiamo un certo gusto, riescono a formare un salotto accogliente e farci sentire a casa. 

A questi si aggiunge anche il verbo frasale blend in (o blend into), che indica un mischiarsi che tende all’integrarsi in un ambiente in maniera da non stonare in nessun modo, quindi un camuffarsi, un mimetizzarsi, proprio come dovrebbe succedere ad un edificio di legno nel mezzo di un bosco. 

Da tutto ciò, con la stessa identica grafia ma con funzione di sostantivo, otteniamo il blend, che è una miscela, un composto ottenuto attraverso i vari procedimenti illustrati dal verbo, e che può interessare anche, udite udite, proprio le parole. Vediamo allora come si comporta una volta adottato in italiano. 


Il blend, una faccenda italiana: in principio era il blended

Nel voler analizzare il prestito blend, subito ci si presenta un primo imprevisto. Il termine, nei nostri dizionari, non compare. Presente invece, con significato fortemente ristretto, quello che nella lingua originale è l’aggettivo, ovvero blended, e che all’interno dei nostri confini diventa anche, per ellissi, un sostantivo (se dico che sto bevendo un blended, sottintendo che si tratta di whisky senza paura di incorrere in incomprensioni). Per blended si intende, citando il dizionario Devoto Oli, ‘un whisky prodotto miscelando distillati di malto, avena, segale e mais’. Senza volerci ubriacare coi dettagli, aggiungiamo soltanto che questa tipologia di bevanda si oppone, quando parliamo di whisky scozzese, al whisky di puro malto, e per capire quanto tutte queste variazioni sul tema siano inestricabilmente legate alla loro terra di produzione basti dire che anche il termine malto è l’adattamento dell’inglese malt. Insomma, non stupisce che per discorrere di un liquore così tipico continuiamo a rifornirci di lessico dalla madrepatria. 

Una nota, anche se l’aggettivo non rappresenta il focus della nostra trattazione, è d’obbligo: oggi il suo impiego è sempre più comune nel definire le modalità e caratteristiche di alcuni corsi e in generale una formula didattica, che di solito unisce le lezioni frontali in aula ad attività da svolgersi attraverso computer o simili. 

La diffusione del blend

Nonostante il silenzio da parte dei dizionari della lingua italiana, di cui già si è parlato, l’uso del blend, se anche più recente rispetto al blended, si propaga in maniera decisa rimbalzando tra differenti ambiti, in cui però sembra che regni sovrano quello dell’enogastronomia. Allora non ci siamo allontanati poi tanto dalla zona di influenza del blended, se oggigiorno con blend si indicano soprattutto dei vini, ma anche degli oli o delle birre, che uniscono varietà diverse (scendendo nel dettaglio, può trattarsi di annate, di zone, di botti e così via) per dar luogo ad un matrimonio di sapori e di profumi, e che si oppongono chiaramente alle varietà in purezza. E d’altra parte questo mondo, una volta dominato in maniera incontrastata dai termini mutuati dalla lingua francese, oggi conosce una possente fioritura di anglicismi, dettata senz’altro più dal sempre crescente uso dell’inglese come lingua franca in un mondo in cui anche i pasti sono globalizzati che dal pregio attribuito alla tradizione culinaria britannica, di cui un po’ tutti conosciamo la nomea. 

Oltre a liquori e oli, anche tè e caffè possono essere dei blend, ma sebbene il termine si confaccia certamente di più ai liquidi, questo non risulta limitante, anzi: possiamo trovare dei blend di farine, che oggi rendono la pizza particolarmente apprezzata, soprattutto se di mezzo ci sono i grani antichi; dei blend di cacao che contraddistinguono alcune tavolette facendoci attraversare in un sol colpo Africa e Sud America; o anche dei blend di tabacchi che variano l’intensità del gusto e dell’aroma.

Non solo arte culinaria

Nonostante la prevalenza di riferimenti alla gastronomia, i media non disdegnano l’uso allargato del termine a descrivere altri tipi di commistioni e fusioni: gli abiti di una collezione possono essere il risultato di un blend di tessuti sintetici e naturali, un gruppo che fa spettacolo con membri originali ma ben assortiti è un blend vincente, e se contorniamo la celebrazione di un prodotto tradizionale e di lusso come il tartufo a spettacoli di street art stiamo creando un blend inedito che può risultare spiazzante ma anche attrattivo.

(Quasi) sinonimi

Oltre a possedere un discreto repertorio di sinonimi tutti nostri, dalla miscela alla mescolanza, dall’unione alla fusione, qualcuno potrà chiedersi: ma non ci eravamo già presi in prestito anche il mix inglese? È vero, ed effettivamente non c’è poi grande differenza se lo stesso OED mette come sinonimi principali del blend termini quali mixture e mix. La peculiarità del blend adottato in italiano, a quanto si osserva attraverso gli esempi d’uso che si possono leggere e sentire, è verosimilmente quella di tenersi stretta una delle sfumature di significato che abbiamo individuato all’inizio di questo articolo, in particolare nell’ambito enogastronomico che abbiamo visto essere quello in cui l’uso del blend appare più quotato: il blend non è un misto di elementi qualsiasi che vengono combinati e che, eventualmente, con facilità possono tornare a separarsi e proseguire ognuno per la sua strada; semmai, nel blend le identità dei singoli tipi (solitamente della medesima sostanza) si fondono in maniera talmente intensa da dar vita ad un tutt’uno nuovo ed unico, ad una nuova anima, e perciò non può essere casuale l’abbinamento né tanto meno si può essere certi di un risultato apprezzabile una volta terminato il processo. Nella creazione dei blend, quindi, si sperimenta molto, proprio come nella chimica, e probabilmente questo innalza il valore dell’esito finale. Sta qui l’altra cifra fondamentale che distingue il blend dai suoi consimili: è quella della miscela, sì, ma pregiata, che può competere con la purezza dei prodotti che lo compongono soltanto se li unisce in maniera studiata ed equilibrata portando all’eccellenza. In questo modo l’espressione si aggiunge al nostro repertorio, andando ad ingrossare le file delle armi del marketing a disposizione delle aziende che lottano per trasmettere un’idea di innovazione, qualità e originalità, e spesso e volentieri, in questa fase storica, lo fanno attraverso l’inglese. 

Ora, i più sporadici esempi ripescati all’interno di discorsi che esulano dall’ambito enogastronomico ci danno un segnale di come la tendenza sia presumibilmente quella di ampliare la sfera di significati di questo prestito il quale, se dovesse proseguire tale cammino, probabilmente perderebbe in parte questa sua specificità, avvicinandosi e forse anche sovrapponendosi alle alternative di cui abbiamo detto. Non ci resta che seguirne l’evoluzione.

Il blend come tecnicismo

Se da un lato abbiamo quindi di fronte un principio di sconfinamento del termine dal settore della cucina ad altri meno specifici, dall’altro non dobbiamo dimenticare che in altri contesti, ed in particolare due, il significato del prestito è strettamente tecnico. Troviamo il blend, infatti, nel mondo delle scienze fisiche, in cui indica ‘l'insieme asimmetrico delle righe che compongono gli spettri stellari, al quale va attribuita, per la determinazione di velocità radiali, una conveniente lunghezza d'onda’. 

L’altro ambito di appartenenza è invece nettamente più vicino a ciò di cui ci occupiamo in questa sede, ovvero la linguistica. Se avete mai sentito parlare di parole macedonia, probabilmente sapete che l’espressione fu introdotta dal linguista Bruno Migliorini per descrivere quei termini di nuova formazione che derivano dalla fusione di parti di due parole, che di solito hanno un segmento in comune. Se invece non ne avete mai sentito parlare, sicuramente un esempio vi chiarirà subito la vostra familiarità con il fenomeno: cantautore non è altro che un amalgama tra un segmento della parola cantante e la parola autore. In altri casi entrambe le parole non sono complete, come accade nello smog che fonde il fumo (smoke) e la nebbia (fog). Sono molto frequenti i casi in cui, in un manuale o in un articolo di linguistica, l’anglicismo blend affianca o rimpiazza le espressioni italiane utilizzabili, a seconda dei casi, per descrivere questo genere di processi (oltre a parola macedonia possiamo trovare anche, ad esempio, amalgama o composto ibrido). 


Concludendo, in breve

Il prestito blend fa parte di una nuova generazione di elementi adottivi della nostra lingua che sfrutta gli aspetti pragmatici, e in particolare i cosiddetti tratti connotativi del termine, opposti a quelli denotativi (più formali) in quanto si ricollegano ai valori affettivi associati alla parola in questione. Oggi forse più che mai, come testimoniato dai numerosissimi programmi televisivi dedicati alla cucina, il consumo del cibo è diventato un’azione dai fortissimi caratteri e risvolti di tipo sociale ed economico, attorno a cui ruotano notevoli affari. Il termine blend, se vogliamo piuttosto neutro e variegato nella lingua d’origine, assume in italiano un carattere che lo distingue dai suoi sinonimi, in quanto è percepito come specifico di un prodotto prestigioso, e quindi come garanzia di qualità e valore. Ad aver aperto la strada a questo anglicismo è stata, plausibilmente, la precedente familiarità con l’aggettivo blended, che oggi a sua volta conosce nuova vita arricchendosi di altri significati. Con alla base un concetto di ibridazione, di meticciamento, il blend riesce a quanto pare ad elevarsi su un gradino un po’ più alto nella percezione della natura della miscela, e questa sembra, per il momento, la sua carta vincente.  

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