L’immagine fondamentale dell’anacoreta è elegante, posata: colui che si ritira. Che sia per ascesi, per preghiera, per meditazione, per raccoglimento in un momento importante della vita, l’anacoreta abbandona silenziosamente la società umana per raggiungere eremi o deserti in cui concentrarsi su un mondo tutto interiore, su un intimo contatto con la propria natura, o con sfere altissime.
Anacoreti, in particolare, furono detti i Padri del deserto, mistici cristiani, che fra il III e il IV secolo dopo Cristo, usavano ritirarsi a vita spirituale nei deserti egiziani - pronunciando i propri traguardi interiori negli ‘apoftegmata’, cioè enunciando sentenze teologiche.
Sembra una figura così lontana dalla vita e dalla lingua. Ma dopotutto momenti di anacoretismo, in cui ci ritiriamo dalle faccende del quotidiano, le abbiamo tutti: quando si torna a casa e, da soli, si resta a fissare il filo dell’orizzonte, quando lei si è addormentata e tu no, quando nel viaggio nel Maghreb non chiedi niente di meglio di camminare - per qualche metro - a piedi scalzi nella sabbia deserto, perdendotici col cuore. E se non basta ricordiamo ciò che notava Terzani: “L’ultimo pezzo del cammino, quella scaletta che conduce sul tetto da cui si vede il mondo o sul quale ci si può distendere a diventare una nuvola, quel’ultimo pezzo va fatto a piedi, da soli.” Come veri anacoreti.
L’immagine fondamentale dell’anacoreta è elegante, posata: colui che si ritira. Che sia per ascesi, per preghiera, per meditazione, per raccoglimento in un momento importante della vita, l’anacoreta abbandona silenziosamente la società umana per raggiungere eremi o deserti in cui concentrarsi su un mondo tutto interiore, su un intimo contatto con la propria natura, o con sfere altissime.
Anacoreti, in particolare, furono detti i Padri del deserto, mistici cristiani, che fra il III e il IV secolo dopo Cristo, usavano ritirarsi a vita spirituale nei deserti egiziani - pronunciando i propri traguardi interiori negli ‘apoftegmata’, cioè enunciando sentenze teologiche.
Sembra una figura così lontana dalla vita e dalla lingua. Ma dopotutto momenti di anacoretismo, in cui ci ritiriamo dalle faccende del quotidiano, le abbiamo tutti: quando si torna a casa e, da soli, si resta a fissare il filo dell’orizzonte, quando lei si è addormentata e tu no, quando nel viaggio nel Maghreb non chiedi niente di meglio di camminare - per qualche metro - a piedi scalzi nella sabbia deserto, perdendotici col cuore. E se non basta ricordiamo ciò che notava Terzani: “L’ultimo pezzo del cammino, quella scaletta che conduce sul tetto da cui si vede il mondo o sul quale ci si può distendere a diventare una nuvola, quel’ultimo pezzo va fatto a piedi, da soli.” Come veri anacoreti.